“In una stagione che ha visto abbattersi pressoché ogni barriera (commerciale, culturale, scientifica, comunicativa), è impensabile il pensare di tenere aperti quei confini se si chiudono quelli dell’umanità”.
Si conclude così il documento messo a punto dalle associazioni e dalle cooperative sociali (Ceis, Centro Sociale Papa Giovanni XXIII, Coress-Il Piccolo Principe, Dimora d’Abramo, La Vigna, L’Ovile, Madre Teresa) che costituiscono le due RTI impegnate sull’accoglienza dei richiedenti asilo a Reggio Emilia.
Un richiamo che riassume il senso delle osservazioni critiche alla legge su immigrazione e sicurezza e delle proposte finalizzate non solo a superare le criticità già emerse con lo smantellamento di centri d’accoglienza (con decine di persone allo sbando, senza dimora e senza identità), ma anche ad una gestione dell’accoglienza che abbia i caratteri della sostenibilità in termini di costi, sicurezza e integrazione.
Lo scenario dal quale partono le due reti d’accoglienza – che evidenziano la fragilità del sistema di normi e leggi sull’accoglienza dell’ultimo decennio – è inquietante: solo per il 10% dei 1.500 richiedenti asilo oggi accolti a Reggio Emilia si ipotizza una qualche forma di protezione (sussidiaria, politica o speciale), mentre per la stragrande maggioranza l’unica certezza è che diverranno irregolari e rimarranno in Italia, non potendo più rinnovare – per effetto della legge Salvini – la protezione umanitaria.
Come vivranno, conseguentemente – si chiedono le associazioni e le coop sociali – queste oltre mille persone che si sono indebitate per fuggire dai Paesi d’origine, hanno rischiato la vita e spesso hanno subito violenze, soprusi e angherie di ogni tipo e per le quali l’opzione del ritorno in patria non è neppure pensabile?
“Nel migliore dei casi – spiega il documento – chiederanno l’elemosina o vivranno grazie a qualche forma caritativa dispensata da attori della solidarietà variamente organizzata, oppure ingrosseranno le fila dei lavoratori in nero e saranno a rischio di sfruttamento o di arruolamento in associazioni criminali, con un conseguente aumento dell’insicurezza a carico di tutti i cittadini, delle tensioni sociali e delle forme di intolleranza”.
L’eliminazione del diritto all’iscrizione anagrafica aggrava la situazione, perché nessun datore di lavoro – comprensibilmente – assume persone senza carta d’identità e nessuna banca apri un conto limitandosi ad acquisire il permesso di soggiorno.
“La residenza – spiegano le RTI – è fondamentale nel percorso di autonomia e simbolo stesso dell’integrazione in un territorio”.
Critiche, ancora, vengono mosse allo smantellamento, di fatto, del sistema SPRAR, riservato solo ai titolari di protezione internazionale o sussidiaria e con accesso negato agli attuali richiedenti asilo presenti nei Centri di Accoglienza Straordinaria e a chi ha un permesso di soggiorno umanitario.
E’ a fronte di questa situazione “drammatica, pericolosa e disumana” che le associazioni e le cooperative d’accoglienza indicano tre vie d’uscita.
La prima: l’istituzione di un permesso di soggiorno per “comprovata volontà d’integrazione”, rilasciato dal Questore sulla base di alcuni elementi certificati, tra i quali il livello di conoscenza della lingua italiana, un regolare contratto di lavoro o almeno la partecipazione a un tirocinio formativo e l’attestazione dello svolgimento di almeno 100 ore di volontariato. La seconda: riconoscere temporaneamente il diritto alla residenza dei richiedenti asilo, permettendo l’accesso alla rete di servizi oggi riservata ai titolari di carta d’identità, riducendo di conseguenza i rischi di fenomeni di devianza sociale, di illegalità e insicurezza.
La terza, infine: consentire l’accesso dei richiedenti asilo vulnerabili all’interno dei progetti SPRAR, per evitare che ricadano sugli enti locali (Comuni e Regioni) i costi dei servizi sociosanitari che occorrerà comunque erogare.
“La migrazione – conclude il documento – non è un reato e non si può affrontare semplicisticamente alzando barriere. Per questo occorre gestirne i rischi e le difficoltà con intelligenza, grazie a leggi e regole che premino la volontà di integrazione e, al tempo stesso, abbiano la dovuta severità per chi le trasgredisce”.
Ultimi commenti
combatti Nicola combatti...! occorrono ancora discorsi di buon senso...
No in tal caso il maranza è solo da capire e coccolare
Ma no, soffre di cervicale, ed il clima locale non la aiuta di certo. Nella sua civilissima terra natia c'è meno umidità, quindi...