A Reggio la restituzione del dipinto rubato

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Il dipinto a olio su tela “Santi Geminiano, Lucia e Apollonia”, realizzato da un artista modenese vissuto nel XVII secolo, è stato restituito al Parroco della chiesa di Castelvecchio di Prignano sulla Secchia (MO), Don Andrea Pattuelli, dal Comandante del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Perugia, Tenente Colonnello Guido
Barbieri, nella mattinata del 17 aprile 2021 presso il Museo Diocesano di via Vittorio Veneto, a Reggio Emilia.

La restituzione si è svolta alla presenza di monsignor Massimo Camisasca, vescovo della diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, del Sindaco del Comune di Prignano sulla Secchia (MO),  Mauro Fantini, e di altri rappresentanti
delle Istituzioni e autorità locali.

L’individuazione e il successivo recupero dell’opera, delle dimensioni di 145×115 cm, sono avvenuti nell’ambito di un’indagine avviata a gennaio 2020, coordinata dalla Procura della Repubblica di Pisa, grazie al monitoraggio del mercato online di oggetti d’arte da parte dei carabinieri Tpc. Nel controllo di alcuni annunci di vendita, i militari del Reparto specializzato dell’Arma hanno individuato l’inserzione di un antico dipinto dalla seguente descrizione: “…Bella pala di indubbia attribuzione Siciliana, con rappresentati i Santi Leone, Lucia e Apollonia, o forse S. Lucia (gli occhi) S. Agata (le tenaglie) e il vescovo potrebbe essere S. Nicola, in buono stato di conservazione, la tela misura 120X150 ed è corredata da una bacchetta dorata a perimetro…”.

La tipologia dell’opera pittorica, di chiara natura ecclesiasticadevozionale, le sue dimensioni e le figure religiose rappresentate, hanno allertato i ‘detective dell’arte’, che attraverso la “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, il più completo database di beni rubati esistente al mondo gestito dal Comando Tpc, hanno ottenuto il cosiddetto ‘riscontro positivo’. La comparazione con le immagini contenute nella Banca dati ha condotto i militari a un furto avvenuto in provincia di Modena nella notte fra il 6 e il 7 giugno del 1999 ai danni della Chiesa di Santa Maria Assunta di Castelvecchio: i ladri trafugarono tre opere pittoriche seicentesche, temporaneamente collocate nella sacrestia a causa di alcuni lavori di ristrutturazione che stavano interessando l’edificio di culto. Fino al 2006 se ne persero le tracce, quando fu individuata una delle tre tele e sequestrata dai militari del Nucleo TPC di Monza.

A distanza di ventidue anni è ricomparso un secondo dipinto. La sua individuazione è stata possibile grazie alle immagini che all’epoca della denuncia vennero fornite dal parroco e che hanno permesso, oggi, il confronto fra la foto d’archivio con quella associata a un annuncio di vendita. Il riconoscimento effettuato dal responsabile dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi presso la quale il bene risultava catalogato e da uno storico dell’arte
ha confermato l’individuazione di un’altra delle opere rubate.

Appena ottenuti gli elementi a conforto dell’ipotesi investigativa, i Carabinieri hanno inviato l’informativa all’Autorità Giudiziaria che, sulla base dei chiari e inequivocabili elementi raccolti, ha subito emesso un provvedimento di sequestro nei confronti dell’inserzionista identificato attraverso il nickname sull’annuncio di vendita, titolare di un esercizio commerciale d’antiquariato della provincia di Pisa. Nel vedersi notificato l’atto dai Carabinieri, il commerciante si è dimostrato sorpreso, dichiarando di non avere mai trattato né visto il dipinto, confermando però la proprietà del profilo web associato all’annuncio. Un suo conoscente di Pistoia, nonché esperto d’informatica, sentito dai Carabinieri, ha confermato quanto riferito dall’antiquario, ammettendo inoltre di avere inserito l’annuncio di vendita “incriminato” per conto di un amico di Foligno operante nel settore del commercio
ambulante di manufatti antichi. La perquisizione effettuata presso il domicilio di quest’ultimo, un 52enne del luogo, ha permesso di individuare il dipinto, già imballato e pronto per essere spedito in Sicilia a un privato acquirente. Il commerciante folignate, così come l’informatico pistoiese, sono stati denunciati per il reato di ricettazione: sono ancora in corso accertamenti da parte dei militari del Nucleo perugino per ricostruire l’intera filiera e individuare eventuali altri soggetti coinvolti.

La restituzione di oggi, oltre a costituire un atteso ritorno per la Comunità Religiosa di Prignano sul Secchia, conferma l’importanza della ricerca di beni culturali sottratti alla loro legittima fruibilità, che, anche a distanza di molti anni, permette a un territorio di riappropriarsi di un significativo tassello della propria identità storica e culturale.

La nota sul dipinto. Il dipinto, trafugato nel 1999, era inserito in una ancona lignea di fattura secentesca e posto in una cappella laterale, intitolata a s. Geminiano, nella chiesa parrocchiale.

Il quadro, olio su tela, è opera di autore ancora ignoto, verosimilmente attivo nel XVII secolo in ambito provinciale. Le estese ridipinture, frutto di poco accorti restauri, penalizzano purtroppo la lettura dell’opera, i cui particolari non mancano di rivelare la mano di un artista non privo di doti.

In uno spazio architettonico definito da rovine classiche (che potrebbero essere allusive al crollo delle menzogne dell’idolatria per l’avvento della Verità del Vangelo), trovano posto le figure di tre santi: un vescovo e due sante. Queste ultime sono immediatamente identificabili come santa Lucia, grazie all’attributo del vassoio con le pupille, e santa Apollonia, che regge con delle tenaglie un dente.

La presenza di queste due martiri dei primi secoli del cristianesimo (il cui sacrificio supremo è ricordato anche dagli angeli in volo che recano la palma della vittoria) è da correlare al grande culto che a esse è stato sempre tributato, essendo tali sante invocate rispettivamente contro le malattie degli occhi e della bocca.

In posizione isolata, con lo sguardo rivolto ai devoti, è s. Geminiano (IV sec.), vescovo di Modena. Il vescovo è raffigurato mentre con il bastone pastorale schiaccia a terra una figura infernale, allusione alle capacità taumaturgiche attribuite al santo già in vita, secondo l’antica agiografia che lo voleva perfino convocato a Costantinopoli per guarire la figlia dell’imperatore Gioviano. Le stesse rovine architettoniche possono essere memoria dell’azione di questo vescovo modenese che le fonti antiche celebrano quale autore della totale conversione della città alla vera fede, con l’abbattimento dei templi pagani.

Fuoco prospettico del dipinto è appunto la Ghirlandina, celebre campanile del duomo modenese, dove dai tempi di Matilde di Canossa è conservato il corpo del santo vescovo della città estense.