Oltre 200 finanzieri del comando provinciale di Reggio e di altri reparti della Guardia di finanza, su delega della Procura di Reggio, hanno portato a termine la prima fase dell’articolata operazione “Ombromanto”, per interrompere le attività illecite di quella che è apparsa fin da subito come una vera e propria associazione a delinquere capace di mettere a segno una maxi-frode fiscale da oltre 100 milioni di euro.
Imponenti i numeri dell’operazione: 400 aziende coinvolte, tra reali e fittizie, 179 soggetti indagati, 91 perquisizioni personali e locali in tutta Italia e sequestri di disponibilità finanziarie per quasi 70 milioni di euro. Il provvedimento del giudice per le indagini preliminari di Reggio ha riguardato 87 persone fisiche tra i 179 soggetti indagati, di cui 40 residenti in Emilia-Romagna (e 21 nella sola provincia di Reggio), oltre a quattro soggetti giuridici: due aziende reggiane, una società di diritto tedesco e una con sede a Milano, tutte risultate a disposizione dei membri del sodalizio criminale.
Le persone indagate sono accusate di aver preso parte alle attività di un’organizzazione criminale radicata a Reggio e dedita alla perpetrazione di reati tributari, tra cui frodi fiscali e indebita compensazione di crediti d’imposta per quasi 104 milioni di euro. Le operazioni dei militari delle Fiamme gialle hanno interessato ben 28 province: Reggio, Bologna, Piacenza, Parma, Modena, Rimini, Bolzano, Torino, Asti, Milano, Pavia, Monza, Verona, Perugia, Terni, Firenze, Pisa, Pesaro, Roma, Rieti, Frosinone, Pescara, Napoli, Caserta, Benevento, Taranto, Crotone e Trapani.
Le indagini hanno fatto emergere l’esistenza di un sodalizio criminale – i cui principali capi erano di base proprio a Reggio – che, attraverso la costituzione di società cartiere e l’utilizzo di fatture false, approfittava di indebite compensazioni di crediti fittizi (creati ad hoc) con debiti tributari (in questo caso reali) di alcune aziende individuate sul territorio – le quali, a fronte del credito inesistente ceduto, pagavano una percentuale all’organizzazione.
I crediti venivano in parte compensati attraverso l’istituto dell’accollo e in parte ceduti attraverso la simulazione della cessione di un ramo d’azienda. Gli ingenti introiti così prodotti, pari complessivamente a circa 70 milioni di euro, venivano poi in parte prelevati in contanti (grazie al ruolo di veri e propri “prelevatori”) e in parte bonificati su conti di società estere.
Lo schema, come si è detto, ha coinvolto poco più di quattrocento aziende, di cui 40 fittizie (con il ruolo di “cartiere” per l’emissione delle fatture false) e altre 369 beneficiarie delle indebite compensazioni, e ha visto – come accade molto spesso in questi casi – anche il concorso esterno di vari professionisti appartenenti a diversi ordini (commercialisti e notai, che al momento non sono stati raggiunti da alcuna misura).
Le indagini, che hanno comportato una complessa azione di disamina documentale e l’analisi di una grande mole di movimentazioni bancarie, e che sono state supportate anche da intercettazioni telefoniche, hanno consentito alla Guardia di finanza di ricostruire la fitta rete di rapporti personali e commerciali tra i soggetti coinvolti, diretti dalla “regia occulta” reggiana.







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