Referendum, si spacca il Pd: Bonaccini e l’area riformista per il “no” ai tre quesiti sul Jobs Act

Stefano Bonaccini davanti al pc – IG

Nessun “boicottaggio” del weekend referendario, ma la spaccatura è comunque evidente.

Energia Popolare, l’area riformista del Partito Democratico che fa capo a Stefano Bonaccini, europarlamentare ed ex presidente della Regione Emilia-Romagna (nonché ex candidato alla segreteria del Pd, poi sconfitto da Elly Schlein alle primarie), ha fatto trapelare che l’orientamento prevalente della corrente sui referendum dell’8-9 giugno è duplice: da una parte c’è l’idea di votare “sì” ai quesiti sulla cittadinanza e sulla responsabilità dell’impresa committente rispetto agli infortuni sul lavoro in caso di subappalti, dall’altra quella di barrare invece il “no” sulla scheda degli altri tre quesiti – quelli che riguardano in particolare l’abrogazione di alcune parti del Jobs Act, approvato nel 2016 quando il presidente del Consiglio era l’allora segretario del Pd Matteo Renzi.

Se è vero che l’attuale segretaria del Pd Elly Schlein ha riconosciuto una certa libertà di scelta in vista dell’appuntamento referendario, assicurando che “non verranno chieste abiure a nessuno”, è anche vero che l’indicazione della direzione del partito è quella di votare “sì” a tutti e cinque i quesiti.

Da qui, dunque, quello che appare come un vero e proprio “smarcarsi” della corrente bonacciniana di Energia Popolare, che ha voluto in ogni caso rassicurare sostenendo che “ognuno si esprimerà liberamente” e negando che ci sia una “posizione coordinata” dell’area riformista piddina.