Poesia di Natale, ricordo la mia emozione

don Giuseppe Dossetti Centro Giovanni XXIII Reggio Emilia

Non so se sopravviva l’abitudine per la quale i bambini recitano una poesia davanti al presepio, prima di scartare i regali: un omaggio al Bimbo, un piccolo dono per rallegrare la sua povertà.

Ricordo la mia emozione, anche perché tutta la famiglia era schierata per assistere allo spettacolo: sentivo il peso della responsabilità, anche se avevo fatto le debite prove con la mamma. Le piccole pause, dovute a qualche intoppo della memoria, erano tacitamente ignorate e l’applauso finale ricompensava la fatica, che per un bambino non era poi così piccola.

Il rito si prolungava fino alle medie, anche perché c’erano da arruolare le sorelle più piccole. In questo modo, si venivano a stratificare le poesie, in base alla difficoltà. Si passava dalla filastrocca di pochi versi, per i più piccini, a quella che era considerata la più difficile, il pezzo di bravura per gli studenti ormai grandi, In Oriente – In Occidente, di Giovanni Pascoli. Per i mezzani, c’era, affascinante, La Notte santa, di Guido Gozzano. Gli anacronismi degli orologi che battono le ore e delle campane che suonano a festa non disturbavano, ma aggiungevano contemporaneità alla scena. Soprattutto, rimanevamo sbalorditi davanti al virtuosismo, per il quale le strofe facevano rima con le ore.

In questo Natale, nel quale tanti bambini soffrono per guerra e fame, voglio offrire a voi che mi leggete proprio quella poesia di Gozzano. Ci sono molte capanne fredde, anche oggi; di Erodi, ce ne sono tanti; non mancano, non mancano davvero le stragi di innocenti, che magari non fanno notizia. La notte è profonda, però “risplende di un astro divino”. Questa luce, anche se piccola, ci conforti.

Mi piacerebbe che voi mi mandaste qualche poesia natalizia: ne facciamo una piccola collezione. E’ un omaggio a noi stessi e insieme un atto di gratitudine per quello che abbiamo ricevuto e del quale siamo responsabili di fronte ai piccoli della terra.

GUIDO GOZZANO: LA NOTTE SANTA (1914)

Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell’osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.
Il campanile scocca
lentamente le sei.

– Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio?
Un po’ di posto avete per me e per Giuseppe?
– Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe.
Il campanile scocca
lentamente le sette.

– Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
– Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto.
Il campanile scocca
lentamente le otto.

– O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire? Non ci mandate altrove!
– S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno
d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove.
Il campanile scocca
lentamente le nove.

– Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci!
– Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi persiani, egizi, greci. . .
Il campanile scocca
lentamente le dieci.

– Oste di Cesarea. . . – Un vecchio falegname?
Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame
non amo la miscela dell’alta e bassa gente.
Il campanile scocca
le undici lentamente.

La neve! – ecco una stalla! – Avrà posto per due?
– Che freddo! – Siamo a sosta – Ma quanta neve, quanta!
Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue.

Maria già trascolora, divinamente affranta. . .
Il campanile scocca
La Mezzanotte Santa.

È nato!
Alleluja! Alleluja!
È nato il Sovrano Bambino.
La notte, che già fu sì buia,
risplende d’un astro divino.
Orsù, cornamuse, più gaje
suonate; squillate, campane!
Venite, pastori e massaie,
o genti vicine e lontane!
Non sete, non molli tappeti,
ma, come nei libri hanno detto
da quattro mill’anni i Profeti,
un poco di paglia ha per letto.
Per quattro mill’anni s’attese
quest’ora su tutte le ore.
È nato! È nato il Signore!
È nato nel nostro paese!
Risplende d’un astro divino
La notte che già fu sì buia.
È nato il Sovrano Bambino.

È nato!

Alleluja! Alleluja!