Paolini e la forza del mito di Ulisse nella contemporaneità

Nel tempo degli dei – Paolini

La stagione 2019/2020 di Ert al Teatro Storchi di Modena si è aperta con “Nel tempo degli dei. Il calzolaio di Ulisse” di Marco Paolini e Francesco Niccolini, per la regia di Gabriele Vacis. Il lavoro parte dall’Odissea, ma arriva a qualcos’altro.

L’eroe di Itaca, qui vecchio, affaticato, travestito da calzolaio di Ulisse (ovvero di se stesso), vaga in esilio per espiare le sue colpe, fino a quando un pastore interrompe il suo cammino e gli chiede di raccontare, come già gli era capitato molti anni prima alla corte di Alcinoo.

Foto: Gianluca Moretto

E quali sono le colpe di Ulisse? Cosa ha fatto sì che Atena ed Ermes, Dei che da sempre sono al suo fianco, non lo siano più? Ulisse lo sa, o meglio, lo ha capito con il tempo: l’ecatombe dei Proci e delle ancelle che si erano concesse loro.

Ecatombe è una parola che torna spesso nel corso dello spettacolo: quando il sacrificio è onore per gli Dei e quando è oltraggio? La presunzione di chi sa di avere gli Dei dalla sua parte spinge Ulisse, e ogni uomo, a compiere i gesti più feroci. Allora si viene spinti a chiederci chi siano gli Dei di oggi, da chi sono legittimate le azioni ai giorni nostri, chi decide quando il limite è stato oltrepassato.

Ulisse a questo non dà risposta, l’uomo è fallace tanto nel mito così nella realtà. Lo spettacolo è ben calibrato, dosato fra parola narrata e parola musicata. I momenti di monologo di Paolini sono intervallati da momenti musicali che spingono avanti la trama.

Foto: Gianluca Moretto

Quasi tutti i personaggi del mito sono introdotti da una canzone. I passaggi da dialogo con il pastore a flashback sono estremamente fluidi, tanto che raramente se ne percepisce la presenza. L’ironia, da sempre grande forza di Paolini, è dosata in modo da non rovinare l’atmosfera mitica; l’Ulisse è attualizzato senza perdere la sua aura.

La regia in questo connubio è molto presente e aiuta; di impronta fortemente contemporanea, mantiene però la solennità che l’epica richiede. Un’opera in definitiva ben confezionata e con pochi difetti evidenti. Rimane solo da chiedersi: cosa rimane dopo la visione?

Il messaggio che Paolini e Niccolini vogliono mandare è parzialmente nascosto dal complesso scenico e dalla trama del mito di Ulisse, che viene ripercorsa quasi in tutte le sue tappe. Senza la lettura approfondita del foglio di sala non è scontato il passo successivo, ovvero il ragionamento sul ruolo delle divinità nel mondo d’oggi; è probabilmente questo il limite più grande dello spettacolo.

Foto: Gianluca Moretto