Omicidio Saman, sentenza sulla premeditazione: “Non sopportavano la sua autonomia”

Saman Abbas video telecamera Novellara

Sono state rese note le motivazioni della sentenza con cui lo scorso aprile la Corte d’appello di Bologna ha condannato all’ergastolo cinque persone (riconoscendo anche le aggravanti di premeditazione e futili motivi) per l’omicidio di Saman Abbas, la ragazza pakistana di 18 anni che svanì nel nulla nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio del 2021 dalla sua abitazione di Novellara, nella Bassa reggiana, e che fu ritrovata senza vita solo dopo un anno e mezzo, sepolta nei pressi di un casolare abbandonato nelle campagne novellaresi.

Per la Corte d’appello bolognese l’omicidio sarebbe stato premeditato dal clan familiare, che secondo i giudici non sopportava il desiderio di autonomia della ragazza. La “determinazione omicida”, si legge nelle motivazioni, è stata assunta “dal clan con fredda lucidità e programmata per un congruo lasso di tempo, ritenendosi insopportabile il fatto che Saman avesse deciso non solo di scegliere di vivere liberamente e in piena autonomia la propria vita”, ma anche “in distonia con i valori etici e il credo religioso” del resto della famiglia.

Per la morte della diciottenne, nel processo di secondo grado sono stati condannati all’ergastolo i genitori della ragazza, il padre Shabbar Abbas e la madre Nazia Shaheen, e due cugini della giovane, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq; la pena per lo zio Danish Hasnain, invece, è stata rideterminata al rialzo, passando dai 14 anni comminati in primo grado a 22 anni di reclusione.



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