Minori. Commissione d’inchiesta: assemblea approva relazione finale

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L’Assemblea legislativa approva la relazione finale della Commissione speciale d’inchiesta sul sistema di tutela dei minori in Emilia-Romagna. Via libera dalla maggioranza alla risoluzione collegata: sì da Pd, Emilia-Romagna Coraggiosa e Prodi del Misto, voto d’astensione per Sassi (Misto) e Cinquestelle (Gibertoni ha invece votato contro), voto contrario da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Respinte invece le cinque risoluzioni presentate dalle opposizioni.

I numeri della commissione d’inchiesta parlano di oltre tre mesi di lavori, 80 ore di attività e 45 audizioni.

“I servizi comunali sono complessivamente ben organizzati sul territorio – ha detto il presidente della Commissione Giuseppe Boschini (Pd) illustrando in Aula il documento – che operano in un quadro sempre più complesso, con risorse non sempre adeguate: serve un passo avanti anche da parte della Regione Emilia-Romagna per migliorare il coordinamento di queste complessità”.

Sulle vicende reggiane, nell’auspicare “che la magistratura compia il suo dovere efficacemente e rapidamente a tutela dell’interesse dei minori e delle loro famiglie”, Boschini ha ribadito che “non è stato registrato un aumento esponenziale dei casi, almeno non clamoroso come qualcuno ha avvalorato pubblicamente. Peraltro tutte le pratiche del distretto sono state vagliate dall’autorità giudiziaria minorile e solo il 15 per cento di queste (segnalazioni di pregiudizio ai minori) si sono poi tradotte in provvedimenti di allontanamento”.

La vicepresidente Raffaella Sensoli (Movimento 5 stelle) ha elencato, presentando anche una risoluzione assieme al collega Bertani, le criticità del sistema: risorse scarse, personale ridotto (non sempre adeguatamente formato), frammentarietà del sistema e ruoli non sempre definiti, dati incompleti, giustizia minorile da consolidare (anche per la carenza di personale), sostegno alle famiglie non sempre adeguato, sistema di valutazione dei casi da migliorare e poca collaborazione tra gli organi di garanzia e gli uffici regionali che si occupano della materia.

“Non esiste in Emilia-Romagna nessun sistema che abbia l’obiettivo di allontanare i minori dalle loro famiglie. Esistono servizi che lavorano ed esiste un’anomalia in Val d’Enza su cui sta indagando la magistratura”. Secondo l’altro vicepresidente Igor Taruffi (ER Coraggiosa) quello della commissione è stato un lavoro importante, sul quale intervenire fin dalla prossima legislatura. Secondo il consigliere di sinistra è necessario riformare il codice civile sull’allontanamento in emergenza (articolo 403) e potenziare i servizi sociali: “Serve più personale, come servono più giudici togati al Tribunale per i minorenni, che è sottodimensionato”. Sulla polemica innescata dal centrodestra sulla composizione dell’ufficio di presidenza della commissione Taruffi ha tagliato corto: “La maggior parte delle persone audite è stata invitata dalle minoranze, sono solo strumentalizzazioni da campagna elettorale”.

Nella relazione finale si propongono dei correttivi al sistema: privilegiare la funzione pubblica del sistema di tutela dei minori; più omogenea attuazione delle linee di indirizzo e delle altre disposizioni regionali; no a sperimentazioni organizzative senza un adeguato controllo; costruire un ‘percorso di qualità della tutela dei minorenni’; garantire la più ampia collegialità multiprofessionale nella valutazione dei casi, a partire dalle équipe territoriali; prevedere un’adeguata supervisione di secondo livello.

Sul tema operatori si chiede invece di assicurare il massimo impegno per la qualità, la formazione (sia in ingresso che continua) e la supervisione professionale, oltre a stimolare un adeguamento dei contratti del comparto pubblico del sociale, potenziando poi gli organici dei servizi di assistenza sociale e di neuropsichiatria infantile, e di definire meglio le procedure di affidamento e le procedure di qualificazione dei fornitori (senza escludere un vero e proprio sistema di accreditamento per le strutture di accoglienza).

Nel documento viene poi affrontato il tema del sostegno alla famiglia e alla genitorialità: si chiede infatti di potenziare i servizi territoriali nella direzione degli interventi educativi familiari, anche intensivi, lavorando sulla prevenzione; e, ancora, di monitorare i servizi di esclusiva competenza comunale (prevedendo anche premialità positive nella redistribuzione dei fondi sociali regionali), oltre a cooperare, sempre su queste tematiche, con l’osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza.

Nelle 245 pagine dell’atto si chiede anche di regolare i provvedimenti rivolti a minore e genitori (definendo un ‘progetto educativo e sociale’); di prevedere un sistema informativo affidabile di rilevazione dei dati sui minori fuori famiglia e le famiglie affidatarie. Si propone di potenziare poi la funzione dei Garanti dell’Infanzia.

Infine, sollecitando una revisione delle norme nazionali la commissione suggerisce una sorta di ‘codice rosso minori’ analogo a quello applicato nei casi di violenza di genere, e di regolare più chiaramente- soprattutto nelle procedure di urgenza- la fase di indagine del pubblico ministero minorile, il valore delle segnalazioni, l’informazione delle parti, il diritto alla difesa dei genitori, nonché la legale rappresentanza del minore e, più in generale, il ruolo dei servizi sociali nel procedimento.

Per Gabriele Delmonte (Lega) “la commissione non ha affrontato in modo adeguato le vicende reggiane, le malattie si curano partendo dai malati, qui abbiamo invece visto le persone sane”. Per il consigliere di opposizione nella relazione “sono stati analizzati solo due problemi: i controlli insufficienti sugli accreditamenti e la discrezionalità dei servizi sociali nel valutare i diversi casi”. Ha poi criticato la maggioranza: “Ha scelto di escludere dall’ufficio di presidenza chi poteva dare fastidio”. “Potevamo e dovevamo fare di più – ha sottolineato Daniele Marchetti (Lega) – questa relazione non dice grandi cose”. Per l’esponente del Carroccio emerge il quadro di un sistema “non perfetto, con falle importanti”, rispetto al quale è importante “non generalizzare, ma anche non mettere la testa sotto la sabbia, facendo autocritica e cercando di intervenire con strumenti utili”. Netto il giudizio di Stefano Bargi (Lega) sui lavori della Commissione: “Non possiamo votare una relazione di questo tipo, che non tiene conto della forte componente ideologica che sta dietro alle vicende della Val d’Enza. Non siamo un’aula di tribunale, ma non possiamo nemmeno fare finta di niente”. Il capogruppo del Carroccio ha ricordato che la commissione politica è nata proprio da una proposta della Lega e del centrodestra, “anche se la presidenza non rispecchia affatto questo aspetto”.

“Una risoluzione che, oggi come oggi, non ha possibilità di incidere sul sistema”, secondo Gian Luca Sassi del gruppo Misto, che ha invitato però chi sarà eletto nella prossima legislatura a portare avanti questo impegno: “Questa relazione non può rimanere nel cassetto e dovrà essere discussa con la massima priorità”. A livello nazionale, per l’ex M5s “l’Emilia-Romagna deve dare un segnale forte”. A partire dal potenziamento del personale e dalla stabilizzazione del personale precario dei servizi sociali: “Solo così avremo professionisti preparati e pronti a denunciare eventuali irregolarità”.

Una commissione i cui lavori sono partiti a fatica, per Andrea Galli di Forza Italia, subito all’attacco dell’ufficio di presidenza: “Nessuna rappresentanza delle forze di centrodestra, dal primo momento l’obiettivo era insabbiare quanto accaduto in Val d’Enza”. Secondo l’azzurro non si può certo parlare di raffreddore (“un’espressione grave del presidente della commissione tecnica Limonta”), ma di “un sistema che ha infettato non solo l’Emilia-Romagna, ma tutta Italia”. Grave poi, secondo Galli, che nessuno abbia mai notato la disparità incredibile sui numeri tra gli allontanamenti di Reggio Emilia e delle altre province. “Poca volontà da parte maggioranza – ha concluso – di indagare seriamente su questa vicenda, di individuare responsabilità”.

Per Andrea Bertani (Movimento 5 stelle) mancano delle risposte, “abbiamo investito tempo ed energia su questa Commissione, volevamo fare chiarezza, abbiamo – ha comunque rimarcato – lavorato seriamente”. Abbiamo convocato, ha poi aggiunto, “anche voci critiche sul sistema”. Ha quindi spiegato “che i Cinquestelle hanno presentato un progetto di legge in parlamento che cerca di superare i limiti della normativa attuale sul sistema delle tutele ai minori”. Il consigliere è poi intervenuto sulle vicende reggiane: “Un’anomalia, sono mancati i controlli”. La Regione Emilia-Romagna, ha concluso, “deve stare più attenta, qui non tutto funziona”. Infine, ha dichiarato voto d’astensione sulla relazione finale. Critico il giudizio di Giulia Gibertoni del Movimento 5 stelle (che rispetto al suo gruppo ha optato per il voto contrario alla relazione): “Una relazione che non risponde alle aspettative, che non dà indicazioni chiare, che non evidenzia le falle del sistema degli affidi e non lo mette in discussione”. Anche la pentastellata modenese ha criticato la composizione dell’ufficio di presidenza della commissione: “Non rispetta in maniera adeguata le minoranze, questa commissione aveva un forte significato simbolico e una grande attenzione popolare”. Gibertoni ha poi stigmatizzato la mancanza dei dati sui flussi finanziari inerenti ad affidi e consulenze.

Con questa commissione, ha invece rimarcato Silvia Prodi del gruppo Misto, “abbiamo cercato di captare le anomalie del sistema (anche normative), abbiamo approfondito con attenzione la catena operativa e decisionale: un lavoro certosino di miglioramento dei nostri servizi, ai quali va comunque data fiducia”. Occorreranno, ha quindi spiegato, “più investimenti, promuovendo anche maggiori sinergie tra tutti gli attori”. La consigliera è poi intervenuta sulle vicende reggiane: “Sui casi estremi non bisogna esitare, i minori vanno sempre tutelati”.

Paolo Calvano (Pd), sempre su Bibbiano, ha evidenziato come siano sei i bambini allontanati in modo illegittimo, di cui quattro già rientrati in famiglia, e sono sette gli assistenti sociali indagati, su oltre 2.500: “Non possiamo quindi condannare, come fa la Lega, tutti gli operatori e tutte le famiglie affidatarie”. Quando un minore si trova in una situazione di pregiudizio, ha voluto poi ribadire il consigliere, “va sempre tutelato, l’obiettivo resta comunque quello di consentire ai bambini di tornare in un contesto di sicurezza”. Calvano ha poi definito “onesto” l’operato della Commissione d’inchiesta: “I numeri ci dicono di una regione che non affida con facilità, le statistiche regionali sono in linea con quelle nazionali e con quelle delle regioni vicine”. Dobbiamo quindi “supportare gli operatori, potenziare le azioni di prevenzione rivolte alle famiglie d’origine, favorire una revisione della normativa nazionale, oltre a utilizzare le equipe di secondo livello sull’intero territorio regionale”. “Una relazione completa – secondo Roberta Mori (Pd) – da cui dobbiamo partire per promuovere una specifica normativa regionale che tuteli i diritti dei minori e delle loro famiglie, che evidenzi la centralità dell’infanzia a prescindere dalle inchieste giudiziarie e dalla propaganda politica”. Secondo la consigliera Pd “il sistema è sano, ma non è perfetto” e dai lavori della commissione emergono diversi temi, dalla disomogeneità territoriale dell’organizzazione dei servizi alla frammentazione normativa: “Importante istituire un osservatorio regionale per la raccolta di dati su minori, allontanamenti e affidi”.

“Una relazione del tutto insufficiente, gravemente carente e per certi aspetti assolutoria”, secondo Giancarlo Tagliaferri di Fratelli d’Italia che ha annunciato la presentazione di una relazione di minoranza, preparata e sottoscritta da tutti i consiglieri di centrodestra. “Non è stato rispettato il mandato e i dati raccolti sono difficilmente confrontabili tra loro perché non omogenei per tempi e territorio”. Per il consigliere di destra si tratta di un “tentativo di presentare una tesi preconfenzionata, soprattutto nella parte che riguarda proprio la Val d’Enza”. Tagliaferri ha poi puntato il dito contro l’Ausl di Reggio Emilia, che, a suo dire, avrebbe saputo dell’esistenza al centro La Cura e ne sarebbe stata coinvolta: “Non è possibile che la responsabilità sia tutta individuale di alcuni dipendenti. L’Ausl è un convitato di pietra, ha avvallato quanto accaduto e la Regione al seguito”. Concorde anche Fabio Callori (FdI): “Un’anomalia in quel distretto c’è stata, inutile negarlo, avrei voluto vederlo scritto nella relazione. Avete sempre cercato di sminuire il problema”.

Anche per Michele Facci (gruppo Misto) “la relazione è gravemente carente e gravemente insufficiente, le risposte non ci sono, non ci sono i dati”. Per il consigliere, in particolare, “non è stata verificata l’incidenza del sistema sulla spesa sanitaria, non si conoscono gli esiti degli interventi sui minori, i rientri in famiglia: i dati sono fermi al 2014”. Nel documento, ha aggiunto, “non si parla neppure dei metodi applicati nei diversi territori dai servizi sociali, le modalità di approccio alla materia”.

Sulle indagini reggiane è poi intervenuto ieri il presidente Stefano Bonaccini: “Ci costituiremo parte civile, in quanto parte lesa”. Gli allontanamenti dei minori in Emilia-Romagna, ha però sottolineato, “sono in linea con la media nazionale. Non esiste nessuna anomalia: il sistema è migliorabile ma in Emilia-Romagna nel complesso funziona”. Le due commissioni, quella tecnica istituita dalla giunta e quella assembleare d’inchiesta, ha poi ribadito il presidente, “non hanno poteri inquirenti”, anche se in quella dell’Assemblea “erano presenti rappresentanti di tutti i partiti politici, di maggioranza e di opposizione”.