Max Mara, lettera-appello alla famiglia Maramotti: “Ripensateci: Reggio ha bisogno di progetti, visione e speranza”

Max Mara vetrina negozio Reggio – FM

Non solo politici, sindacati e associazioni economiche, che si stanno affrontando aspramente da una settimana schierandosi da una parte o dall’altra, ma anche semplici cittadini continuano a interrogarsi sulla decisione improvvisa di Max Mara Fashion Group di fare un passo indietro rispetto al progetto del cosiddetto “Polo della moda” che sarebbe dovuto sorgere a Mancasale, nell’area dove un tempo erano attive le Fiere di Reggio.

A tal proposito, è arrivata in redazione una riflessione di Chiara Gualdi, insegnante di scuola media a San Martino in Rio: una sorta di lettera-appello alla famiglia Maramotti, che pubblichiamo integralmente.

* * *

Gentili Signori Maramotti,

non so se questa mia lettera avrete occasione di leggerla.

L’affido a un giornale, con la speranza che possa raggiungervi aggiungendo anche il mio pensiero in merito alla vostra decisione – del tutto legittima – di rinunciare alla creazione di un Polo della moda alle Fiere.

Vi dico subito che sono un’insegnante di scuola media, quindi completamente fuori dal mondo dell’imprenditoria e dell’economia. Ogni giorno però lavoro con ragazzi che si trovano a dover scegliere quale scuola frequentare, spesso senza sapere davvero cosa il futuro riserverà loro.

La scuola in cui insegno da anni si trova nel mio paese nel quale ho vissuto per 35 anni, San Martino in Rio. Ogni anno cerchiamo di offrire agli allievi la possibilità di incontrare persone che si sono distinte nel proprio lavoro, soprattutto partendo da esempi del nostro territorio. Quest’anno, per esempio, hanno avuto modo di conoscere un giudice, un’imprenditrice nel campo della moda e una giornalista.

Ai ragazzi dico sempre che non bisogna cercare tanto lontano per trovare modelli da seguire. A volte basta guardarsi intorno. Ci sono tante storie di impegno, creatività e passione proprio qui, vicino a noi. E in questo senso, la vostra azienda rappresenta un esempio importantissimo, non solo per il prestigio che ha nel mondo, ma anche perché dà lavoro, trasmette valori, cultura e ispirazione.

Quando un imprenditore decide di restituire qualcosa alla comunità, come avete fatto voi in tante occasioni, è segno che non si è costruito solo un impero economico, ma anche qualcosa di molto più profondo.

Penso, per esempio, alla Collezione Maramotti, che ritengo dovrebbe essere conosciuta e visitata da tutte le scuole di Reggio Emilia. E invece, purtroppo, molti studenti – anche di scuole considerate d’eccellenza – non ci sono mai stati. Davvero un peccato.

Vi confido anche un ricordo personale: mio zio paterno, musicista, ha avuto modo di passare qualche serata in compagnia di vostro padre. Conservo gelosamente, fra le tante, una fotografia scattata insieme a Luciano Pavarotti – probabilmente dopo una tournée insieme negli Stati Uniti – dove c’è anche il signor Maramotti. Era la fine degli anni ’80: un periodo vivace, creativo, pieno di energia, Reggio Emilia era ancora una città bellissima.

Oggi, purtroppo, girando per il centro si respira un’aria diversa. C’è malinconia e un senso di rassegnazione avvilente. Non serve che vi dica cosa sia cambiato, lo sapete anche voi: via Monzermone, un tempo piena di negozi, oggi quasi irriconoscibile; i portici di San Pietro, dove si trovavano botteghe autentiche; il Mercato Coperto che ha perso il suo carattere; e Broletto, che ospitava negozi bellissimi, giusto per citare alcuni esempi.

Ormai inutile menzionare la delocalizzazione dei cinema, fatte alcune eccezioni, quali danni abbia provocato.

Non conosco tutte le ragioni della vostra scelta, oltre a quelle che ho letto sui giornali, ma sento di chiedervi – da mamma di una ragazza di diciassette anni, da insegnante e da cittadina che ama questa città – di ripensarci.

Reggio ha bisogno di progetti, di visione, di speranza. Voi potete ancora fare qualcosa di importante per darle una nuova possibilità.

Vi ringrazio comunque, per tutto ciò che avete già dato e per aver letto, nel caso, queste righe scritte con il cuore.

Con stima.

Chiara Gualdi



Ci sono 14 commenti

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  1. Josephine

    ho conosciuto le cooperative rosse solo al telefono con minacce. Sia per edilizia sia che per entrare a lavorare da Max Mara. Parliamo della mafia in sicilia ma queste cooperative non sono di meno

  2. Francesca La Carbona

    Da acquirente Max Mara in tutte le sue linee, sono davvero dispiaciuta per quanto la cronaca riporta in merito alla discordia sorta con le vostre dipendenti. Signori non è concepibile e non si sposa con il concetto di moda e alta qualità, insultare e vessare le lavoratrici è un atto indegno. Ho sempre pensato a Max Mara come a una realtà virtuosa, se così non è me ne ricorderò al momento di acquistare un vostro prodotto.
    Francesca La Carbona.

  3. Mirco

    Carissimi Maramotti se ci sono stati comportamenti verso la dipendenti sbagliati o lesivi dei diritti di chi lavora per voi agite contro i Vs. Dirigenti altrimenti siate superiori e continuate a produrre e progettare nel posto non abbandonati a istinti vendicativi dall alto del Vs. Potere economico e mediatico.

  4. Cesare

    Deve assumersi le proprie responsabilità ma non solo lui. Trovo inadeguato anche chi dice di essere con i lavoratori ma da anni non fa che gestire il suo potere. Parlo di un sindacato e del suo segretario.

  5. Pietro Ponti

    Dopo 80 anni di governo a RE della sinistra c’è bisogno di una rinfrescata di nuove idee con nuovi politici di ideologia diversa. Quanto successo contro la famiglia Maramotti e quindi verso la Max Mara e’ un danno economico e dí immagine nei confronti della città, e di tutta l’Italia.


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