L’editoriale. Il passamontagna del Grillo

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Beppe Grillo abusa da decenni della tecnica del linguaggio subliminale: l’ha imparata nei locali genovesi della notte negli anni Sessanta e ne ha fatto la propria cifra retorica negli anni della Rai, dei tour nei teatri e nelle feste dell’Unità. Il talento che ne ha generato le fortune, soprattutto economiche, si riduce da sempre a un artificio basato sull’ambiguità. Parlare come un guitto, spararle grosse e sempre più grosse dietro la maschera dell’attore in scena. Se la satira è libera, o almeno dovrebbe esserlo, Grillo ne rivendica l’interpretazione e se ne fa scudo. Sino ai primi anni Duemila è andata così: insultava, offendeva, strepitava – ma in fondo era un comico, o si presentava come tale, e di conseguenza tutto gli veniva perdonato.

Poi Grillo si è fatto capo politico. Casaleggio ne intuì le potenzialità in un mercato elettorale asfittico e lui iniziò a divertirsi davvero nello scoprire che i propri show potevano agire nella pancia del paese come messaggi più o meno rivoluzionari. Il movimento si fece forte, accettò i compromessi con la politica politicante, non ebbe ritegno nell’allearsi prima con la Lega e poi con il Pd, e lui – annoiato dai giochi parlamentari – si allontanò progressivamente limitandosi a periodiche sparate o via blog o dal vivo. Così come l’ultima, a Roma, dedicata alle centinaia di milioni di disoccupati potenziale conseguenza dell’avvento dell’intelligenza artificiale, tra gli applausi a comando del suo pubblico indignato a prescindere, un tanto al chilo, purché questo viziato furbacchione che si fa chiamare l’Elevato tornasse a dare urla alla rabbia esistenziale dei più frustrati tra i suoi fan.
Chi possegga un briciolo di competenza storica non ha bisogno di spiegarsi la gravità delle evocazioni di questo mezzo guitto/mezzo cialtrone quando suggerisce la costituzione di “brigate” e di “passamontagna”. La furbizia sta proprio qui, ossia nel darsela a gambe dalla responsabilità della forza subliminale del messaggio violento edulcorandola con una poetica da boy-scout: sistemate i marciapiedi, curate il verde urbano, associatevi nelle Brigate Buone. A che servano i passamontagna non è chiaro, mentre è chiaro a quale orrenda stagione si riferisca il sedicente Elevato – il quale nelle sue numerose magioni darà lavoro a chi deve sistemare i marciapiedi e curare i giardini. Improbabile che si iscriva alle BB.
È incredibile che una forza politica ancora molto votata, sebbene sostanzialmente solo meridionale, penda ancora dalle labbra di un pericoloso agitatore in cerca degli ultimi applausi. Cosa abbiano prodotto i cinque stelle in lunghi anni di governo si riduce alla supermarchetta assistenzialista del reddito di cittadinanza pagata da chi lavora e paga le tasse. È noto quanti percettori di RdC svolgano un secondo lavoro in nero, in Italia o all’estero. Lo è altrettanto riguardo i percettori semplici i percettori semplici, sdraiati sul divano, talmente disabituati a una minima attività professionale da preferire campare di lavoretti più o meno legali piuttosto che contare sulle inattese regalie di Di Maio e compagnia. I numeri: 500mila al Nord, 400mila al Centro, 1 milione e 700mila al Sud.
Per quanto riguarda Elly Schlein, si può dire solo che chi è causa del suo mal pianga se stessa. La convinta partecipazione alla parata grillista ha umiliato la dignità del Partito democratico, portandone le insegne sul carro del Conte barricadero ex uomo di stato, e questo atto sconsiderato va ascritto alla scelta individuale della segretaria. Quanto possa attrarre nelle preferenze degli italiani un’aggregazione di minoranze tanto colorate quanto evanescenti lo si saprà verosimilmente alle Europee-Amministrative del 2024. L’eventuale alleanza con i neogrillini potrà trovare consensi nel Mezzogiorno, ma non certo nella parte più produttiva e moderna del Paese.



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