Elly Schlein tra palco e realtà

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Elly Schlein «è la nostra salvezza» ha detto dal palco di Ravenna, che ospita la festa nazionale del Pd, Nicola Zingaretti. «Mah, secondo me con questa alle europee non arriviamo manco al 17 per cento», dice l’ex segretario una volta giù dal palco: «come raccontano – scrive Salvatore Merlo ­ diversi testimoni sentiti dal Foglio».

Qualche giorno dopo, trentun esponenti del Pd ligure se vanno con Calenda. Stefano Bonaccini, presidente del partito, si augura che Elly rassicuri «chi teme un Pd piccolo e radicale per non deludere i nostri che vogliono tornare a vederci vincere». Infatti, lo rassicura subito: «Dispiace quando qualcuno va via, ma forse avevano sbagliato indirizzo prima. Certe uscite sono fisiologiche resistenze al cambiamento», commenta con freddezza e puntualità svizzera Elly Schlein, segretaria nazionale del Pd.

Che tempi contessa, poi, neppure gli artisti hanno più il peso di una volta: «È troppo radicale e fa fatica a convogliare l’interesse di tutti», dice Sabrina Ferilli in un’intervista rilasciata a “Vanity Fair” a proposito dell’armocromatica segretaria del Pd. Ma Schlein non ci sente e, a quanto pare, neppure il “popul” dei volontari della festa ravennate che battono le mani quando sul palco della festa si materializza l’avvocato del popolo, alias Giuseppe Conte, che subito brandisce il jobs act, farina del diavolo.

Ma l’ala riformista del Pd non ci sta a vedersi assottigliare le fila e lancia l’allarme: «Il disagio c’è». Ecco. Il Pd – dice Stefano Bonaccini – «è inclusivo o non è. Chi guida il partito deve sapere rappresentare anche chi non l’ha votato e deve capire il malessere», perché ci si deve rallegrare, dice il veterano Piero Fassino, per chi arriva non per chi parte. Bonaccini, però, come di sicuro tutto il Pd emiliano romagnolo, non sarà fra quelli che se ne andranno: «Schlein è stata chiara – afferma il presidente della Regione Emilia Romagna a Maria Teresa Meli del Corriere della Sera – nel dire che non servono liti o divisioni ma l’impegno condiviso. Concordo».

Alla manifestazione ravennate, terminata domenica 10 settembre – con le significative assenze dei dirigenti del partito che l’hanno sostenuta alla primarie – Elly Schlein, insieme alla triade “lavoro, sanità, scuola”, che segnerà il programma politico del prossimo autunno del nostro scontento, ha replicato alle accuse della minoranza: «Ci dicono di aver spostato il partito a sinistra, non so se è così e se questa sia una colpa. Il mio problema non è mai stato scegliere il punto di collocazione del partito su immaginari assi cartesiani. Semmai voglio collocare il partito più in basso, più vicino alle persone in carne e ossa… Solo così torneremo a vincere»».

Se, poi, il problema della segretaria è di non collocare il Pd su «immaginari assi cartesiani» e portarlo fuori dalla Ztl per riposizionarlo socialmente, allora dovrà proporre altre “visioni” che non siano il piano “xy” del filosofo e matematico francese Renato Cartesio. «La linea della Schlein – dichiara Carlo Galli in un’intervista al “Manifesto” – mi pare corretta in astratto, ma non vedo l’apparato teorico e la forza politica necessari perché abbia successo».

Dove sta la colpa che richiama retoricamente Schlein? Sta nel rincorrere tutte le sinistre elettoralmente più o meno sfortunate d’Europa e non, invece, nel cercare un’originalità nazionale, non strapaesana, senza dimenticarsi, naturalmente, di ciò che esiste oltre confine.

E a Reggio Emilia? Tranquilli, qui siamo inclusivi. Niente scontri, niente attriti. Tutta Reggio detterà il programma di governo della città del futuro, previa compilazione, con tutor, di apposito questionario – presentato di recente alla stampa cittadina – e la ragioneria locale del Pd non dovrà fare altro che compilare il libro mastro, applicare il metodo della partita doppia e studiare un po’ di computisteria… purtroppo politica.