La bolla Woke

manifestazione proPal Lbgt woke – NF

C’è una bolla ideologica che a Reggio Emilia – come altrove, ma con una particolare ostinazione – sembra aver messo radici nella sinistra contemporanea. Una bolla woke che, più che una visione, appare un mosaico di contraddizioni lucenti e insieme fragilissime, una sorta di sovrapposizione inconciliabile di identità e rivendicazioni che sfida ogni esercizio minimo di razionalità.

È un minestrone ideologico in cui islamismo politico e mondo LGBTQ+ vengono fatti coabitare come se nulla fosse, ignorando scientemente – o fingendo di ignorare – la condizione di omosessuali e transgender in paesi dove dissenso e diversità non vengono discussi, ma eliminati.

Allo stesso modo, un certo femminismo radicale issa bandiere propalestinesi con un fervore quasi liturgico, dimenticando che la vita quotidiana delle donne sotto Hamas non ha nulla a che spartire con i diritti, le libertà e l’autodeterminazione che si proclamano in piazza.

Ci si dichiara pacifisti, e nel contempo si giustificano – o si minimizzano – le violenze fisiche e verbali che dilagano nelle manifestazioni giovanili a Roma, Torino, Napoli, Bologna. Ci si dice difensori dell’istruzione e della conoscenza, e poi si consegnano le università a settimane di occupazioni sterili, sottraendole proprio alla funzione che si dichiara di voler proteggere: educare, formare, permettere a uno studente di costruire un domani.

Questa frattura interna nasce da lontano. La crisi del materialismo storico, e con essa l’idea della rivoluzione come veicolo palingenetico della storia, ha lasciato un vuoto che la sinistra fatica a colmare. In quello spazio è cresciuto un neo-nichilismo simbolico, un rifugio sentimentale in immagini sbiadite, privo però della forza trasformativa della politica autentica.

Così, mentre l’antirazzismo – principio sacrosanto – viene piegato a strumento retorico, la crisi identitaria dell’Occidente europeo diventa terreno fertile per ogni fuga dalla realtà. Rifiutando i concetti di patria e di nazione, la sinistra non si emancipa da vecchie categorie: semplicemente si consegna, ogni volta, al “diverso di turno”, in una forma di autolesionismo culturale che preferisce la penitenza all’analisi, la colpa alla responsabilità. È più facile rinnegare il proprio passato che interrogare seriamente il presente.

Ma la storia – quella vera, non la sua caricatura ideologizzata – insegna con una chiarezza adamantina: senza intelligenza non c’è impresa; senza impresa non c’è lavoro; senza lavoro non c’è reddito; senza reddito non c’è ricchezza, non c’è spesa pubblica, non c’è welfare, non c’è niente da redistribuire, come vorrebbero politicanti in Tesla e demagoghi da superbonus. Soprattutto, senza libertà ci si consegna alle peggiori dittature e, con esse, alla rovina economica e morale.

Tutto il resto è rumore. O peggio: autoinganno. E in politica, come nella vita, l’autoinganno è la forma più pericolosa di sconfitta.




Ci sono 4 commenti

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  1. Maria

    Sono d’accordo in tutto, però aggiungo qualcosa:
    noi cosa saremmo? occidentali? cristiani?
    io ho visto un medico di base negare le cure ad una paziente che il cancro ha portato alla morte un anno dopo, al SMN causare danni gravi per spostare un paziente in altro reparto…Preti e diaconi deridere insieme i fedeli sul presbiterio. Ricchi prendere in giro i poveri della parrocchia. A Reggio Emilia vedo solo indifferenza, egoismo, truffe

  2. kursk

    questo Editoriale del Direttore va stampato, salvato in pdf, poi una copia su chiavetta usb, un’altra su un cloud….insomma va conservato…parole scolpite nella pietra.

  3. Carla

    Eh sì! A fine anni sessanta seguaci di Geova e Mormoni si accampavano nei giardini pubblici per fare proseliti, su input del comune (guai ai cattolici). Nei primi anni 90 la chiamata di nordafricani per l’ industria metalmeccanica…ora tutti ai piedi del dragone che ci sta avvolgendo nelle sue spire e chissà quando o se ce ne accorgeremo…


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