“Io non sono un mostro. Guede entrò come un ladro e uccise Meredith”

amanda

“Il primo novembre 2007, un ladro, Rudy Guede è entrato nel mio appartamento, ha violentato e ha ucciso Meredith. Ha lasciato tracce di dna e impronte. È fuggito dal Paese, processato e condannato. Nonostante ciò un numero importante di persone non ha sentito il suo nome, questo perché pm, polizia e giornalisti si sono concentrati su di me. Giornalisti chiedevano di arrestare un colpevole. Hanno indagato me mentre Guede fuggiva. Non basandosi su prove o testimonianze. Solo su una intuizione investigativa. Pensavo di aiutare la Polizia ma sono stata interrogata per 50 ore in una lingua che non conoscevo bene. Dicevano che mentivo”. Così Amanda Knox dal palco del Festival della Giustizia penale a Modena parla per la prima volta in Italia dal suo rientro dopo l’assoluzione per il delitto di Meredith Kercher.

. “Sono grata ma tutto questo non assolve lo Stato per avermi condannato per 8 lunghi anni”. Inoltre, “non assolvo i media che hanno raccolto un immenso profitto” da questa storia e “anche oggi trattano la mia vita come contenuto per i loro introiti. Non mi basta che la mia vicenda si sia conclusa bene,abbiamo bisogno di fare bene prima”.

“L’Italia è diventata parte di me, nonostante la tragedia che ho vissuto, sono tornata perché lo dovevo fare. Perché sono stata invitata e una volta questo Paese per me era una casa e un giorno spero di sentirlo di nuovo così. Tanta gente pensa che io sia pazza a venire qui, mi hanno detto che sarò attaccata e che sarò falsamente accusata e rimandata in prigione. E che venire qui anche se sarò incolume non sarà servito a nulla. Oggi ho paura di essere molestata e derisa e incastrata e ho paura che nuove accuse mi saranno rivolte. Molti pensano che la mia presenza qui possa profanare la memoria di Meredith”. Capelli sciolti, la voce commossa e rotta, più volte, dal pianto e dal bisogno di riprendere fiato e bere un sorso d’acqua.

“Sto pensando al mio pm, Giuliano Minnini. Vorrei avere un faccia a faccia con lui, al di fuori del ruolo di buono e di cattiva”. “Spero che, se ciò accadrà, anche lui riesca a vedere che anche io non sono un mostro, ma semplicemente Amanda”.

 

“Avevo zero motivazioni per uccidere la mia amica, zero tracce del mio dna sono state sul luogo del delitto. Poi ho sentito il giudice pronunciare le parole ‘colpevole’. Il verdetto mi è caduto addosso come un peso schiacciante, non potevo respirare. Le telecamere lampeggiavano mentre uscivo dal tribunale”.

“Ero innocente, ma il resto del mondo aveva deciso che ero colpevole, avevano riscritto la realtà. Passato, presente, futuro non contavano più. I pm e i media avevano creato una storia e una versione di me adatta a quella storia”.

“Quando ero in carcere ho meditato sul suicidio”, ha raccontato Amanda Knox, piangendo. “A vent’anni ero una ragazza felice e vivace e sono stata costretta a trascorrere da sola i miei primi anni venti, imprigionata in un ambiente disumano, malsano e imprevedibile. Invece di sognare una carriera o una famiglia, ho meditato sul suicidio. Tutti i membri della mia famiglia hanno sconvolto le loro vite a seguito di questa vicenda”.