Anche la cultura ha il diritto di ripartire

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Con l’inizio della fase 2 della gestione dell’emergenza Covid19, molti settori che avevano dovuto chiudere per le misure di contenimento del contagio hanno potuto riprendere la produzione, con le dovute precauzioni. Come ci è stato più volte spiegato, questo è un rischio calcolato: idealmente sarebbe di gran lunga più sicuro prolungare il lockdown, nella pratica l’economia in questo modo subirebbe un colpo fortissimo da cui sarebbe troppo difficile riprendersi.

Sembrerebbe superfluo ricordare che il teatro è parte dell’economia, ma a quanto pare così non è. In Emilia-Romagna soprattutto, esiste un numero consistente di associazioni e imprese culturali che rappresenta un’importante risorsa per il territorio: enti che devono sostenere i costi di mantenimento di spazi, utenze e personale.

Non dimentichiamoci che questi luoghi sono spesso anche punti di riferimento per la formazione teatrale, negli ultimi anni cresciuta in maniera esponenziale anche per la benefica ricaduta che questa attività ha nella vita delle persone. Stiamo parlando di bambini e ragazzi, ma non solo; sono tantissimi gli adulti che usufruiscono di questi corsi. Da non sottovalutare poi il lavoro consistente e importantissimo che queste realtà fanno negli istituti, con i progetti scolastici.

Nonostante ciò, a oggi non si evincono, in nessun documento, indicazioni relative alle imprese di formazione teatrale legate al terzo settore. Le sedi rimangono chiuse senza indicazioni e senza un’ipotesi di futuro. In questo periodo è sicuramente necessario un ripensamento delle modalità di svolgimento delle attività culturali, come d’altronde sta succedendo anche negli altri settori; ma questa crisi ha messo purtroppo in luce quello che temevamo (e forse sapevamo) da tempo: le istituzioni teatrali non vengono prese in considerazione quando si parla di economia, anche se ne fanno inevitabilmente parte.
A questo proposito, sedici enti di formazione teatrale della Provincia di Reggio Emilia si sono uniti per firmare una lettera aperta indirizzata alle istituzioni per fare luce sull’attuale situazione e sulle possibilità di progettazione e organizzazione futura delle attività. Il documento è aperto all’adesione di altre realtà di formazione teatrale presenti sul territorio dell’Emilia-Romagna.

I numeri non sono trascurabili. Solo nell’anno accademico 2019-20 gli enti di Reggio Emilia stavano realizzando progetti formativi e artistici per 1.957 propri allievi e progetti scolastici per 4.489 studenti. Numeri simili nel 2019 avevano generato attraverso gli eventi conclusisi dei corsi 28.586 spettatori. Al momento della chiusura del 28 febbraio erano attivi complessivamente 177 corsi, dei quali 148 sono stati riconvertiti alla didattica a distanza; segno della capacità di adattamento del settore. Preoccupante invece la situazione progetti scolastici: 205 prima del lockdown di cui solo 19 hanno potuto proseguire per vie telematiche; una forte frenata per la crescita personale di tutti gli studenti che vi partecipavano. I programmi di formazione estiva che erano in fase di preparazione ovviamente sono stati annullati, aggiungendosi alle numerose perdite che gli enti teatrali stanno subendo.

Questo tipo di offerta formativa deve adeguarsi alle nuove necessità con nuove modalità e metodologie; ma per farlo gli enti firmatari ritengono giustamente necessari un tempo adeguato di progettazione e strumenti finanziari adeguati a sostenere gli investimenti.
Le richieste sono chiare. Una road map precisa per la riapertura che consenta di valutare come riorganizzare gli spazi e considerare le aree lavorative (non sale prove) come uffici “normali” cui si può accedere con le dovute attenzioni sanitarie e di sanificazione, come già stato previsto per altri settori. Un protocollo specifico per la sanificazione degli spazi formativi (sale prove), per cominciare a progettare nuovi corsi e far sì che siano svolti in sicurezza.

Riconoscere la rilevanza non solo culturale ma anche economica di queste attività, soprattutto in termini di personale dipendente e collaboratore, rendendo possibile l’accesso a strumenti di sostegno alla liquidità o al reddito equiparabili a quelle messe in campo per il comparto produttivo. Un contributo per la riconversione delle attività e la riprogettazione dei percorsi in essere anche dal punto di vista dell’aggiornamento tecnologico e informatico.
Per far sì che questa fase 2 sia veramente una ripartenza, è necessario ascoltare le necessità del territorio, anche di quei settori considerati erroneamente di seconda categoria.