Morta a 77 anni Anna Pozzi, per nove fu sindaca di Rubiera

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E’ morta a 77 anni Anna Pozzi (foto di Davide Messori), fu il sindaco di Rubiera (Reggio Emilia) dal 1995 al 2004, era stata colpita un anno da una grave. Professoressa di lettere, da primo cittadino lanciò la Corte Ospitale trasformandola in un centro di produzione teatrale. I funerali si terranno giovedì 4 aprile alle 10.30 dalla casa di Fontana per arrivare al vicino cimitero.

L’attuale sindaco di Rubiera Emanuele Cavallaro ha ricordato Anna Pozzi con un post sui social: “La voce sta girando ormai da qualche ora, per il paese. L’Anna Pozzi se n’è andata. La chiamo con l’articolo che lei, da insegnante – bravissima -, sicuramente segnerebbe in rosso, perché oggettivamente in molte conversazioni è sempre stata “L’Anna”, per eccellenza. Se ne é andata con la riservatezza che l’intelligenza suggerisce: in pochi sapevano che non stesse bene. Da oggi pomeriggio sarà a casa sua, per chi vuole salutarla. Giovedì mattina alle 10:30 un corteo la accompagnerà da lì al cimitero di Fontana. L’Anna è stata una donna formidabile. La sua biografia istituzionale – sindaca di Rubiera dal 1998 al 2004, prima assessore e vicesindaco – non può raccontare le pagine di una vita anche durissima. Del resto, quelle pagine Anna le ha sempre volute tenere per sé, con la consueta caparbietà. Una qualità, questa, che è stata utile anche a Rubiera. Basti pensare alle battaglie feroci con la TAV, perché il passaggio di quella nuova e importante infrastruttura non replicasse a Fontana quanto accaduto con l’Autostrada del Sole. Così come c’è volta parecchia caparbietà – e una decisa capacità visionaria – nel riuscire a recuperare e riaprire a funzioni pubbliche il Teatro Herberia e la Corte Ospitale, dando vita al centro teatrale che oggi è Centro Residenziale dell’Emilia-Romagna. Anna credo sia stata prima di tutto una intellettuale. Vera. Di quelle, però, che accettano di immergere le mani nel loro tempo, senza mai abbassare lo sguardo. C’è questo libercolo – firmato solo A.P., con le illustrazioni di Silvana Mattioli – edito dopo la pandemia un po’ per scherzo, che ipotizza un dialogo tra Giacomo Leopardi e il Coronavirus.

Ma al suo interno troviamo anche interventi di un amatissimo – direi – Kant e di un profondo Manzoni, il tutto con una spolverata – mi permetto – di Brecht. Anna poteva dare del tu a queste figure. Ed è piuttosto chiaro come fosse in grado di leggere l’oggi attraverso di loro: sempre. Ma, a differenza di tanti sedicenti intellettuali, traducendo questa capacità in azioni etiche e non in citazioni su qualche rivista patinata o a qualche apericena. Il suo amore per la letteratura, per il teatro e per la musica ne ha fatto una instancabile promotrice di cultura, anche a costo di mettersi lei a cucinare i tortelli per i musicisti – benissimo, tra l’altro, a quanto dicono -. Credo che tutto ciò che si è prodotto, culturalmente, grazie alle sue intuizioni sia, semplicemente, il suo immenso “monumento più duraturo del bronzo”. Chiunque ha avuto modo di lavorare o collaborare con Anna ha avuto almeno una discussione con lei. Del resto, la dialettica per una filosofa è l’arma del mestiere. L’ultima io l’ho avuta per il suo cellulare. Anna ha sempre fatto obiezione di coscienza relativamente allo smartphone: aveva il suo indistruttibile Nokia, con cui continuava a organizzare meravigliosi concerti, festival. “Telefono, mando sms, cos’altro mi serve”. Al che io le ho provato a spiegare che poteva servire anche per ascoltare musica, Spotify. Lei mi ha guardato socchiudendo appena gli occhi. Chi la conosce ha presente. Ho concluso che l’Anna fosse semplicemente analogica: come un pianoforte. Amato pianoforte. Che puoi fare quel che ti pare, col digitale. Ci puoi attaccare il sintetizzatore. Ma la vibrazione sotto le dita, quando vibrano corde vere, è vita. Vibrante. Come quella di Anna”.



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