I nativi americani, chiamati dall’uomo bianco “pellerossa”, non combatterono solo nel Pacifico contro i giapponesi, ma anche in Europa e in Italia in particolare contro i nazifascisti.
«Ci furono Creek, Cherokee, Pawnee, Choctaw. Tutti coscritti nell’esercito statunitense. Grandi guerrieri. Ma … per trovare i più coraggiosi» bisogna andare «nelle terre del nord. In Canada. Tantissimi nostri fratelli di quelle tribù combatterono come volontari in Italia. Volontari. Per questo sono stati ancora più coraggiosi. Erano con l’esercito canadese. Cerca tra di loro. Si sono sempre illusi che schierandosi con l’Impero britannico avrebbero avuto più libertà. Irochesi, mohawk, cree, ojibwa [Metis, Inuit, e altri, NdR]…».
Questo disse, si legge nel prologo, l’anziano capo tribù decorato al giornalista italiano Michele (nome di fantasia? Lo stesso Incerti?) in visita al museo della Monument Valley Tribal Park.
Il lavoro, frutto di un compromesso fra romanzo e libro di storia, è suddiviso in schede che raccontano la vita dei tanti nativi americani combattenti nell’esercito canadese. Biografie che alle volte s’intrecciano o perché di soldati combattenti nello stesso reparto o perché legati da “vincoli di sangue”. Tra questi anche dei Rossetti, figli di un cercatore d’oro siciliano e di una donna Nak’azdili, che combatterono in Francia.
Le unità comprendenti i nativi sbarcano in Sicilia risalgono la penisola fino allo sfondamento della linea gotica nazifascista in Romagna, nel dicembre 1944.
Nonostante una scrittura non particolarmente brillante, il libro ha un interesse non secondario. Innanzi tutto perché racconta storie di uomini che hanno combattuto in Italia e restituisce loro un’identità precisa altrimenti persa in anonimi numeri; poi perché ricostruisce in forma dinamica e dettagliata le varie tappe dello sbarco dei protagonisti aggregati alle truppe alleate in Sicilia e su su fino al Nord.
Ma la storia dei nativi continua anche nel dopoguerra, nella battaglia, questa volta, per i diritti civili. Popoli discriminati fino al 1990 con il sistema scolastico residenziale indiano, una rete di collegi per i popoli indigeni creato per allontanare i bambini dalla influenza della propria cultura e assimilarli alla cultura canadese dominante. E luogo di violenze e abusi sessuali. La conquista faticosa del diritto di voto solo pochi decenni fa. Non ultima la sensibilità ai problemi ambientali.
Nell’Epilogo l’autore fornisce l’elenco dei caduti nella campagna d’Italia e dei sopravvissuti, una bibliografia e una filmografia. Peccato che non ci sia un indice dei nomi.
Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia.
Matteo Incerti, I pellerossa che liberarono l’Italia, Corsiero, Reggio Emilia 2020, pp. 393, 18,00 euro (recensioni di Glauco Bertani).
Ultimi commenti
peccato privarsi di cosi' tanta bellezza...lo Skyline di Cella non sara' mai piu' come prima.
Ma il Sindaco è la Giunta, non pensano a ridurre la spesa della complessa macchina comunale, lo stipendiopolo comunale è stato classificato come la maggior
Stato di abbandono? Io direi più atti di vandalismo...