Estorsioni a ristoranti, tre arresti

Estorsioni fratelli Amato

I carabinieri della compagnia di Guastalla, della stazione di Cadelbosco di Sopra e del nucleo investigativo del comando provinciale di Reggio hanno arrestato tre persone nell’ambito dell’indagine sugli episodi di tentata estorsione ai danni di ristoratori e pizzaioli di Reggio Emilia e Cadelbosco di Sopra avvenuti a inizio febbraio, che hanno visto prima richieste estorsive (precedute da biglietti dattiloscritti con esplicite minacce) e successivamente l’esplosione di colpi di pistola durante la notte contro le vetrate delle attività commerciali prese di mira.

Le tre persone arrestate sono Cosimo, Michele e Mario Amato, i tre figli (rispettivamente di 20, 22 e 29 anni) di quel Francesco Amato che lo scorso 5 novembre, dopo la condanna per mafia nel maxiprocesso Aemilia, si era asserragliato con cinque ostaggi per circa 10 ore all’interno dell’ufficio postale di Pieve, a Reggio, prima di essere arrestato dai carabinieri.

È lunga la lista degli episodi di cui i tre giovani sono ritenuti responsabili: sei colpi di pistola contro la porta a vetri della pizzeria La Perla a Cadelbosco Sopra nella notte tra il 31 gennaio e il primo febbraio; cinque colpi di pistola contro l’ampia vetrata della pizzeria Piedigrotta 3 in via Emilia Ospizio a Reggio nella notte tra il 6 e il 7 febbraio; gli “avvertimenti” (con tanto di pizzino attaccato alla porta, così come avvenuto anche nelle due occasioni precedenti) ad altre due pizzerie di Reggio, il Piedigrotta 2 di via Emilia Ospizio e il Paprika di via Thomas Edison.

I tre fratelli, a carico dei quali gli inquirenti hanno raccolto gravi indizi di colpevolezza, sono accusati di tentata estorsione aggravata e continuata. Nel corso delle attività investigative i militari reggiani hanno proceduto a diverse perquisizioni a carico degli indagati, che hanno permesso di sequestrare importante materiale probatorio: tra le altre cose l’auto e la moto usate in occasione degli atti intimidatori, alcuni capi di vestiario e la macchina da scrivere ritenuta l’oggetto che ha permesso ai tre fratelli di realizzare i “pizzini” contenenti le richieste estorsive.