Dal 30 marzo a Reggio la mostra “Il soffio degli antenati, il soffio di Dio” di Marco Aime

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Venerdì 29 marzo, alle ore 10.30, presso la Chiesa di San Francesco in piazza dei Martiri del 7 Luglio, a Reggio Emilia verrà presentata la mostra di fotografie e proverbi “Il soffio degli antenati, il soffio di Dio”, a cura di Marco Aime.

Alla presentazione interverranno don Daniele Simonazzi e alcuni esponenti dell’associazione promotrice. La mostra è stata prodotta dalla Fondazione Palazzo Ducale di Genova ed è stata voluta e organizzata a Reggio Emilia da Tutto per Tutti in collaborazione con la Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla e con l’adesione di Unità pastorale Paolo VI.
Il progetto dell’antropologo e scrittore Marco Aime racconta l’Africa e le sue molteplici anime.  I proverbi africani, che tramandano tradizione ed esperienza, accompagnano gli scatti realizzati negli anni in Mali, Benin, Ghana, Malawi, Tanzania, Congo e Algeria.
“Il soffio degli antenati, il soffio di Dio” verrà inaugurata sabato 30 marzo alle 18 e resterà aperta fino al 29 aprile a ingresso libero.
Autore di un libro dallo stesso titolo, edito da Einaudi, Marco Aime definisce la mostra come “Un viaggio nella tradizione africana tra parole e immagini. Una serie di fotografie che tenta di restituirne la vitale bellezza specchiandola nell’antica e icastica saggezza dei proverbi. Alla carica sapienziale della cultura orale si affiancano così delle concrete microstorie, spesso riassunte in un volto scolpito dalle fatiche della vita o in un luminoso sorriso. Un percorso fatto non solo di molteplici incontri, quelli dell’autore con le persone ritratte, ma anche di due sguardi in un gioco di rimandi intrecciati. Settantasette immagini che evocano alcuni aspetti fondamentali del mondo africano: la vecchiaia, la solidarietà, la famiglia, l’amicizia. Il soffio degli antenati – dal titolo ispirato ai versi di Birago Diop, poeta senegalese che aderì al movimento della Negritudine – intende catturare e reinterpretare il misterioso sapere che proviene dal passato e forse rappresenta l’ultimo soffio di una storia che finisce, ma la cui forza evocativa sopravviverà ancora, se sapremo ascoltarla”.