Quanto vale il diritto all’istruzione dei nostri figli e dei nostri studenti?
In questi giorni rappresentanti dei genitori del Russel di Guastalla ricordano che la scuola in presenza è un diritto Costituzionale dei propri figli. Lo stesso fanno i docenti del D’Arzo di Montecchio, mettendo in evidenza limiti e rischi della scuola a distanza. E le proteste di docenti e famiglie aumenterebbero vertiginosamente se la chiusura delle scuole e l’introduzione della Dad si diffondessero, come lo scorso anno, anche in altri ordini e grado, come gli ultimi dati e provvedimenti pare vogliano preannunciare per tutta Italia.
Il governo e il premier, prima dell’aggravarsi della crisi sanitaria, non hanno fatto altro che ripeterci come la scuola fosse un’assoluta priorità. Ma di fronte alla crescita esponenziale dei contagiati, oggi, proprio i minori e il mondo dell’istruzione – forse a oggi il luogo più sicuro per loro – vengono sacrificati. Nonostante il tasto dolente non siano le aule, ma il trasporto pubblico. Problema mai risolto: essenzialmente per questioni economiche e organizzative.
Questo comportamento ci spiega ciò che per governo e politici pensano veramente della scuola: poco più di una grande babysitter, quasi come un computer o la tv. L’ultimo decreto Ristori bis ci spiega addirittura quanto vale il diritto all’istruzione di un minore: mille euro al mese. Cifra con la quale si potrebbe portare a scuola ogni studente in taxi.
Spiace doverlo ammettere, ma comunque la si voglia raccontare, la chiusura delle scuole e il passaggio progressivo alla Dad rappresentano un fallimento per l’intera nostra classe dirigente: dal governo, alle amministrazioni locali.
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