Con “Rich” Alberto Lombardi indaga sul significato della vera ricchezza

Alberto Lombardi

Dopo gli ottimi risultati del precedente “Start Again”, è in rotazione radiofonica “Rich”, il nuovo singolo del cantautore e chitarrista Alberto Lombardi. Si tratta del secondo brano estratto dall’album “Home”, mixato da Bob Clearmountain, il fonico di Springsteen e dei Rolling Stones. Un album che non sarà fruibile sugli store digitali ma che è già disponibile in cd e vinile tramite crowdfunding.

Una scelta molto interessante e più che sensata. La tentazione di “buttar fuori” la propria musica con ogni mezzo esistente, sono d’accordo, andrebbe misurata. Ma in un’epoca in cui la musica è per lo più liquida, per decidere di intraprendere una scelta di questo tipo ci vuole più coraggio, azzardo o follia?

“Un mix delle tre cose. L’azzardo c’è stato, perché era la prima volta che decidevo di fare questa cosa; la follia anche, perché sai che ti stai privando del mezzo di fruizione che governa questa epoca; quindi il coraggio, anche se è la parte minore, perché – si sa – non c’è molto da guadagnare, ma tutti i tentativi che possano aprire degli spirargli per il futuro vale la pena che siano scandagliati. Per chi non ha un nome consolidato, la possibilità reale di raggiungere un largo pubblico diventa sempre più remota e nel momento in cui si possono tentare nuove vie creative – anche estreme – si deve poterlo provare a fare”.

Nel brano, che indaga sul significato della vera ricchezza, hai inserito la voce di Bob Marley nel break: una risposta che il re del reggae ha dato durante una celebre intervista per un rotocalco inglese e che sintetizza alla perfezione la tua visione. Come è arrivato il “lampo di genio”?

“In maniera del tutto casuale. Mentre stavo scrivendo il testo di “Rich”, che ruotava già attorno al concetto di felicità disconnessa dal possedimento dei beni materiale e, in generale, dal successo, stavo anche guardando dei video su YouTube, quando ho sentito questo giornalista inglese che chiedeva a Bob Marley se e quando fosse diventato ricco. Rispose chiedendosi a propria volta se queste cose rendessero davvero ricchi, per arrivare a chiosare che non aveva quel tipo di ricchezza, ma che la sua ricchezza era la vita. Ricchezza e felicità sono concetti troppo spesso e facilmente abbinati tra loro, ma l’una non porta necessariamente all’altra. La ricchezza è sussistenza, non genera felicità se non effimera”.

Un pezzo, “Rich”, che – come descrivi – è orgogliosamente vintage nelle sonorità, senza essere modaiolo; con lo spirito degli anni ‘70 che include un riff di chitarra tematico e un tuo virtuoso assolo. Sei un chitarrista acustico riconosciuto a livello internazionale, apprezzato dai più importanti giornali del settore e riconosciuto da grandi star della chitarra, ma prima di tutto sei un cantautore e un chitarrista rock, anche se al momento sei in tour con un tributo alla Stratocaster. Di tutte queste cose, quale ti fa sentire meglio? Interpretare la grande musica dei giganti o portare in scena il tuo grande mondo?

“Gran bella domanda. Io sono sicuramente più legato alla mia espressione personale, suonare e cantare le mie canzoni è più intenso, quando accade. Quando suono il tributo suono anche qualche mio pezzo, però è vero che non è un intero mio concerto e la distanza un po’ la sento. C’è da dire, di contro, che non suono la musica dei grandi in modo pedissequo, la reinterpreto, la suono mettendoci tanto di me e tanto del mio percorso musicale, chitarra acustica inclusa, ed è quindi altrettanto gratificante”.

Possiamo considerare “Home” come un concept album? Hai definito ”Start Again” come il viaggio di rinascita, mentre “Rich” come la presa di coscienza. Ci sarà un terzo singolo estrapolato? E quale sarà il prossimo step: la conquista, l’abbandono, l’espiazione delle colpe? Magari è presto, ma vorrei sapere già come andrà a finire…

“Non ci avevo mai pensato in maniera del tutto cosciente, ma il terzo singolo sarà davvero in linea con questo ragionamento. Sarà proprio la title track “Home”, quella che per tutti noi è da considerarsi “casa”: quella rete di contatti che stabiliamo e di persone che ti fanno sentire che quello è il tuo porto sicuro. Forse quella è la vera felicità, l’essere felice con quello che costruisci in termini di relazioni e di vita. Ora che mi ci fai pensare sì, è proprio così”.