Come cambia il Parlamento alla luce dei tagli

Camera Parlamento

La vittoria del Sì al referendum costituzionale è destinata a cambiare completamente il volto del parlamento, i cui inquilini passeranno dagli attuali 945 ai futuri 600. La riforma costituzionale taglia 345 parlamentari. L’approvazione definitiva è arrivata nell’ottobre del 2019, con il via libera della Camera. E con la nascita del governo giallorosso è stata appoggiata per la prima volta anche da Pd, Leu e Italia viva (nonostante nelle tre precedenti votazioni avessero votato contro). Hanno votato a favore anche le forze di opposizione, Forza Italia, FdI e Lega. La netta vittoria dei Sì al referendum conferma la riforma. Ora serviranno circa due mesi per ridisegnare i collegi.

Camera: da 630 a 400 deputati. I deputati complessivi, ora 630, saranno 400. Tagliati anche gli eletti all’estero, dagli attuali 12 a un futuro massimo di 8. A seguito della modifica costituzionale cambia anche il numero medio di abitanti per ciascun parlamentare eletto. Per la Camera dei deputati tale rapporto aumenta da 96.006 a 151.210. La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione, per 392 e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

Palazzo Madama: da 315 a 200 senatori. I senatori passano dagli attuali 315 a un totale di 200. Viene modificato anche il numero degli eletti all’estero, che passano da 6 a 4. Il numero medio di abitanti per ciascun senatore cresce, a sua volta, da 188.424 a 302.420. Fino ad ora la Carta stabiliva che “nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due; la Valle d’Aosta uno”. La riforma individua un numero minimo di tre senatori per Regione o Provincia autonoma, lasciando immutata la previsione vigente dell’articolo 57, terzo comma della Costituzione, relativo alle rappresentanze del Molise (2 senatori) e della Valle d’Aosta (1 senatore). Viene però previsto, per la prima volta, un numero minimo di seggi senatoriali riferito alle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Cinque i senatori a vita. La riforma modifica anche l’articolo 59 della Costituzione, prevedendo espressamente che il numero massimo di senatori a vita non può essere superiore a 5, chiarendo un equivoco che andava avanti dall’inizio della storia della Repubblica, con un testo che era suscettibile di diverse interpretazioni. Recita l’articolo modificato: “Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque”.

Entra in vigore allo scioglimento delle Camere. La riduzione dei parlamentari, dispone la riforma, ha effetto dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della legge costituzionale e, comunque, non prima che siano decorsi sessanta giorni. La previsione del termine di sessanta giorni è volta a “consentire l’adozione del decreto legislativo in materia di rideterminazione dei collegi elettorali”, che attualmente sono così suddivisi: per la Camera dei deputati sono 232 collegi uninominali e 63 collegi plurinominali; per il Senato 116 collegi uninominali e 33 collegi plurinominali.

Il taglio degli eletti complessivo è pari al 36,5% e porterà certamente dei risparmi. Il punto è quale sia l’entità degli stessi. Stando ai detrattori della riforma, la riduzione dei costi si limiterebbe allo 0,007%. Per i 5 Stelle, che della riforma hanno fatto un cavallo di battaglia, si risparmierebbero invece circa 500 milioni di euro a legislatura, ovvero 100 milioni annui.