Camisasca: Berlusconi amava la vita. Credeva in Dio e mi chiedeva quanti calciatori andassero a messa

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Monsignor Massimo Camisasca, per nove anni vescovo di Reggio Emilia e Guastalla, appassionato di calcio, è stato il cappellano del Milan allenato da Arrigo Sacchi. Nell’imminenza del funerale di Silvio Berlusconi, il religioso ha avuto parole per l’uomo e la passione che li accomunava in una intervista rilasciata a “LanuovBq.it“, ha rivelato alcuni aneddoti particolari che riguardano il fondatore di ‘Forza Italia‘. Quando era presidente del Milan, Silvio Berlusconi domandava al vescovo quanti e quali giocatori si presentassero a messa. “Non gli dissi i nomi. Gli risposi che ci andavano più giocatori della media italiana“. Quando gli è stato chiesto, dopo la fine della sua vita, dove si trovasse in questo momento la risposta non si è fatta attendere: “Penso che adesso sia tra le braccia di Dio”.
E ancora: “Mi chiese di diventare cappellano del Milan”. Il presidente ha conosciuto monsignor Camisasca nel 1986, quando il vescovo divenne il cappellano del Diavolo. Si trovava a Roma quando gli arrivò una lettera in cui gli si chiedeva di diventare il cappellano e confidente della squadra che avrebbe dominato il calcio mondiale. A contattarlo fu Adriano Galliani, l’uomo ombra del Cavaliere nel calcio. Anche se poi a ingaggiarlo fu Silvio Berlusconi in persona.

Il primo incontro ebbe luogo a Roma, durante una udienza con san Giovanni Paolo II. All’epoca, sulla panchina del Diavolo sedeva Liedholm, ma poco dopo  ci fu la svolta epocale con Arrigo Sacchi che si liberò dal Parma per salire a Milano. “La mia figura pensava che potesse essere determinante per la serenità dei calciatori. Il compito che avevo era quello della celebrazione della Messa il sabato pomeriggio quando il Milan giocava in casa alla domenica. Era interessato perché riteneva un dovere offrirla ai suoi giocatori e voleva capire che risposta aveva”.