Riceviamo e pubblichiamo in versione integrale questo contributo di Maria Angela Gelati, tanatologa, formatrice e giornalista.
Questa mattina (domenica 21 settembre, ndr), verso le 12.30, mi trovavo a Taneto di Gattatico, in via Battisti (una strada privata), per una semplice passeggiata in natura insieme ad altre persone. All’improvviso, due auto hanno raggiunto la zona: una è stata parcheggiata nella poca ombra disponibile, con all’interno alcuni cani che abbaiavano senza sosta. Poco distante, nonostante la presenza di un chiaro cartello “Divieto di caccia”, tre cacciatori – sigari e sigarette in bocca, fucile in mano – hanno iniziato a sparare a pochi metri dalla strada. Tutto questo con il caldo domenicale, senza alcun riguardo per chi stava camminando a poca distanza.
Non è un episodio isolato. Già in passato avevo segnalato situazioni simili, persino spari contro le anatre al laghetto del villaggio. Oggi ho fatto immediatamente una segnalazione alle forze dell’ordine e scriverò al Comune. Ma resta il nodo centrale: fino a che punto possiamo accettare che chiunque trasformi un luogo abitato e frequentato in una zona di pericolo, ignorando regole e divieti?
La caccia non è solo una questione di fucili e cartucce. È una questione etica ed educativa. È giusto che la libertà di pochi prevalga sulla sicurezza di tutti? È ammissibile che, nel 2025, ancora si debba rischiare mentre si passeggia in un’area verde? E che gli animali vengano trattati come bersagli, alla mercé del capriccio di chi si sente padrone del territorio?
Ogni volta che restiamo in silenzio, legittimiamo comportamenti arroganti. La sicurezza delle persone, il rispetto degli animali e la tutela dei luoghi che abitiamo non possono essere messi in secondo piano. Questo è un tema che riguarda la responsabilità civile, ma anche la cultura che trasmettiamo alle nuove generazioni: quale messaggio diamo, se tolleriamo che la legge e il buon senso vengano calpestati?
Non basta indignarsi una volta l’anno o solo quando ci tocca da vicino. Serve un impegno continuo, collettivo, che parta dal segnalare ogni abuso e arrivi a pretendere risposte concrete dalle istituzioni. La domanda, allora, la rivolgo a chi legge: che società vogliamo costruire, una dove la paura e la prepotenza hanno la meglio o una in cui il rispetto e la cura del bene comune diventano regole condivise?
Maria Angela Gelati







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