La Corte di Cassazione ha confermato gran parte delle sentenze di condanna per i componenti di un’organizzazione criminale accusata di gestire lo spaccio di sostanze stupefacenti nella zona del Pilastro, a Bologna, tra il 2019 e il 2020.
Dopo il secondo grado in Corte d’appello, gli imputati erano rimasti in 14: tra loro figurano anche alcune persone della famiglia di origine tunisina alla quale, durante la campagna elettorale per le elezioni regionali del 2020 in Emilia-Romagna, citofonò il leader della Lega Matteo Salvini.
Il segretario del Carroccio, a favore di telecamere, chiese provocatoriamente: “Lei e suo figlio spacciate?”, scatenando aspre polemiche per quel gesto e finendo per essere querelato per diffamazione – anche se successivamente il fascicolo d’indagine a suo carico fu archiviato.
L’indagine era partita dall’omicidio di Nicola Rinaldi, ucciso nell’agosto del 2019 in via Frati, a Bologna: ora, con il pronunciamento della Suprema Corte, che ha confermato l’accusa di associazione dedita al narcotraffico per tutti gli imputati (tranne uno) a cui era contestato l’addebito, le condanne – passato il vaglio del terzo grado di giudizio – sono diventate definitive.







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