Antonio Scurati – “M. Il figlio del secolo”

Cop A Scurati M
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Non posso dire di averlo letto d’un fiato “M. Il figlio del secolo” con le sue 839 pagine: posso dirvi però che la lettura, che ci mettiate una settimana o un mese, vi ripaga dell’impegno profuso.

L’autore dichiara nell’incipit che ogni fatto narrato è storicamente documentato, per dire subito dopo: «Resta pur vero che la storia è un’invenzione a cui la realtà arreca i propri materiali. Non arbitraria, però». Ernesto Galli della Loggia sul “Corriere della Sera” ha rilevato alcune disattenzioni storiche in cui sarebbe (è) inciampato Scurati (ma un inciampo lo ha avuto pure l’editorialista del Corriere a proposito di Francesco De Sanctis).

Preso atto tanto dell’incipit del libro quanto delle osservazioni di Galli della Loggia, chi scrive si è liberato dei suoi abiti di storico di professione e ha affrontato la lettura con spirito “laico”.

Perché se avessimo voluto studiare la storia di quel periodo non avremmo affrontato il monumentale romanzo di Scurati – che inizia il 23 marzo 1919 e si conclude, non a caso, il 3 gennaio 1925 – ma uno o più saggi storici. Il vantaggio della forma romanzo è dato, forse, dal fatto che il narratore può spingersi in territori che lo storico difficilmente può esplorare, perché deve rispondere a un preciso metodo scientifico fatto di fonti, di testimonianze e di relative note a piè pagina.

Tra la prima data sopra citata – la fondazione dei Fasci di combattimento – e la seconda – quando Benito Mussolini, il duce del fascismo, rivendica a sé non solo l’assassinio di Giacomo Matteotti ma tutte le nefandezze che il fascismo aveva compiuto in quei cinque anni di (ir)resistibile scalata al potere – Scurati racconta non solo i fatti storici ma tratteggia i profili psicologici dei personaggi, Mussolini in testa.

Infatti è dal suo punto di vista che il romanzo si dipana. Una galleria composta di figure leggendarie (nel bene e nel male) quali Gabriele D’Annunzio, il Vate, e la sua impresa di Fiume; da sicari fascisti quali Amerigo Dùmini, Albino Volpi, Roberto Farinacci o capibanda come Italo Balbo o di squadristi di seconda fila come Curzio Malaparte; da personaggi ambigui come il comunista Nicola Bombacci, il “Cristo degli operai”, e da uomini integri (e braccati) quali Giacomo Matteotti.

E viene anche citato il socialista reggiano Antonio Piccini, ucciso dai fascisti il 28 febbraio 1924. Curiosità: Reggio Emilia fa capolino più volte nelle pagine di M. e una volta pure Cadelbosco di Sopra – a proposito di Bombacci, maestro elementare.

Emergono così dalle pagine – che si susseguono incalzanti – atti di eroismo, di vigliaccheria e molte miserie umane da quando dalla rivoluzione annunciata dal massimalismo a ogni piè sospinto si passò alla violenza squadrista, ben tollerata dagli apparati dello Stato e dal re, Vittorio Emanuele III, e assecondata da liberali e conservatori.

Dal biennio rosso (1919-1920) al biennio nero (1921-1922) non fu che un attimo… storico. E tra un capitolo e l’altro sono inseriti documenti, lettere, stralci di articoli di giornale che riprendono temi toccati nelle pagine precedenti.

Man mano si comincia a “ballare” al ritmo di una scrittura nervosa, fatta spesso di frasi brevi e parole pregnanti, il lettore sobbalza, s’indigna, rabbrividisce, si commuove per ciò che poteva essere e non è stato. Non tanto di «fare come in Russia», come sdoganavano prima i socialisti e poi il neonato Partito comunista d’Italia, ma almeno di salvare lo Stato liberale.

È un romanzo, non dimentichiamolo, non un saggio storico, sebbene sia ben documentato e circostanziato. Un romanzo che può spingere i più curiosi ad approfondire un periodo cruciale della nostra storia non solo nazionale ma anche mondiale. Quest’anno, ad esempio, ricorre il centenario della cosiddetta “impresa di Fiume”, figlia degli accordi di pace post-bellici.

Il titolo, “M.(ussolini) Il figlio del secolo” è azzeccato perché, se ripercorriamo la storia dei primi anni del XX secolo fino agli anni Venti, ritroviamo nel radicalismo di Mussolini, prima come socialista, poi come interventista e poi come uomo d’azione (senza ideali) amante dell’azione per l’azione – come nell’immaginario potevano essere gli assalti degli Arditi alle linee nemiche – e nel suo corpo esibito alle masse e concesso alle amanti, più o meno scopertamente, lo spirito vitale del tempo incarnato, uscito dalla carneficina della Prima guerra mondiale.

Mussolini è riuscito a riassumere in sé tutto questo e ha saputo incanalarlo in un movimento politico divenuto Stato totalitario, facendo piazza pulita per vent’anni di tutte le opposizioni liberali e socialiste.

Dice il duce del fascismo all’indomani del 3 gennaio 1925: «Guardali, ascoltali, non capiscono che cosa stia accadendo. Né gli uni né gli altri. Non capiscono cosa gli sto facendo».

Il libro di Scurati si chiude, opportunamente, con una breve scheda dedicata a ciascuno dei personaggi che il lettore ha incontrato durante il suo lungo cammino.

“M. Il figlio del secolo” è il primo di una trilogia: attendiamo il secondo capitolo.

 

Edizioni Bompiani, Milano 2018, pp. 839 (recensione di Glauco Bertani).

Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia.

 

Colonna sonora:

UB40, Present Arms

Telefon Tel Aviv, M

Sparks, Amateur Hour

Skiantos, Diventa demente (La kultura poi ti kura)

C.S.I., Cupe Vampe

Heaven 17, (We Don’t Need This) Fascist Groove Thang

I nostri voti


Stile narrativo
8
Tematica
8
Potenzialità di mercato
8