Alla Panizzi: Meuccio Ruini, uno statista reggiano

Meuccio Ruini, 1930

La sala del Planisfero della Biblioteca Panizzi ospiterà, sabato 14 ottobre alle ore 11.00, la presentazione della riedizione del volume di Meuccio Ruini pubblicato nel 1919 con il titolo La montagna in guerra e dopo la guerra (Consulta Librieprogetti, 2023). Promosso dall’Archivio Osvaldo Piacentini, il volume propone un testo di Ruini di grande attualità, scritto nella fase di approvazione della nuova legge sul riordino della montagna e delle foreste italiane all’indomani della prima guerra mondiale. All’evento coordinato da Alberto Ferraboschi, Responsabile della Biblioteca Panizzi, saranno presenti Giampiero Lupatelli (Vicepresidente Consorzio Caire) e Marco Bussone (Presidente nazionale Comuni, delle Comunità e degli Enti Montani); questi ultimi due autori anche dell’introduzione al volume e della postfazione che consentono di attualizzare l’importante saggio di Ruini. Ingresso libero, per maggiori informazioni visitare il sito www.bibliotecapanizzi.it

Meuccio Ruini, statista reggiano di cui la Biblioteca Panizzi custodisce l’archivio, è stato una delle principali personalità che all’inizio del Novecento, nelle vesti di deputato del collegio di Castelnovo né Monti, sollevò a livello nazionale la questione della modernizzazione dei territori montani. In particolare, in questo volume affronta il tema dello sviluppo montano non solo attraverso un ritratto delle caratteristiche dei territori montani, ma ponendosi diverse domande sul senso di alcuni processi che stavano interessando all’epoca quel territorio: la relazione dei montanari con la montagna, ma anche la necessità di allacciare legami con le città, con i centri del potere, nonché l’organizzazione delle terre coltivate e delle foreste.

Del resto, la ricostruzione postbellica del 1919, così come quella successiva al 1945, avrebbe visto concentrare numerosi interessi sulle aree urbane, lasciando sullo sfondo le montagne, già fortemente colpite anche in termini di vite umane sacrificate all’esercito e alla guerra. In questo saggio, il giurista e politico reggiano, evidenzia l’importanza di ricostruire un sistema di regole e di interazione tra questi territori aprendo di fatto a percorsi, prima di molti altri, su un nuovo spazio per le montagne nel discorso pubblico e nelle Istituzioni, che poi si renderà più chiaro all’inizio della Repubblica.

Come afferma Giampiero Lupatelli nella postfazione del testo: “La decisione di ripubblicare in una veste “moderna” questo saggio, un testo che sicuramente ha avuto minor fortuna di quanto meritasse, è maturata in una rapida successione di eventi che, avendo incrociato una assidua frequentazione delle questioni della Montagna come primario tema politico del Paese, mi hanno coinvolto e colpito. […] Il regesto dei temi e delle riflessioni che Meuccio Ruini ripercorre nel suo testo è sicuramente espressione di un momento del tutto peculiare nel quale la fine del conflitto disegna uno scenario carico di attese e non di meno carico di nubi che di lì a poco, tragicamente, prevarranno. Tuttavia la sua struttura e le sue specifiche considerazioni ci paiono ancora in larghissima misura contemporanee”.

MEUCCIO RUINI

Dopo gli studi liceali, Meuccio Ruini, nato il 14 dicembre 1877 a Reggio Emilia, si laurea in Giurisprudenza all’Università di Bologna e si trasferisce a Roma, iniziando una brillante carriera nel Ministero dei lavori pubblici: nel 1912 è direttore generale dei servizi speciali per il Mezzogiorno, nel 1914 entra nel Consiglio di Stato. L’impegno politico e sociale gli apre le porte del Consiglio comunale di Roma (1907) e di quello provinciale di Reggio Emilia (1910). Nel 1913 si candida nel collegio di Castelnovo ne’ Monti (Reggio Emilia) ed è eletto per la prima volta deputato. Durante la prima guerra mondiale si arruola volontario e combatte sul Carso, meritando nel 1917 la medaglia d’argento al valor militare. Collaboratore di Giovanni Amendola nella redazione del quotidiano “Il Mondo”, Ruini manterrà sempre una posizione critica verso il regime mussoliniano e nel 1927 sarà espulso dal Consiglio di Stato per antifascismo. Dopo la lunga fase di “esilio in patria” e l’arresto di Mussolini. Ruini promuove a Roma con Ivanoe Bonomi l’unione delle forze antifasciste, da cui nascerà il Comitato di Liberazione Nazionale. Eletto all’Assemblea Costituente, Ruini, in qualità di presidente della Commissione dei 75 (con il compito di redigere la carta costituzionale), diede alla nuova Costituzione una profonda impronta di sé, con una costante e generosa opera di mediazione e di sintesi fra le diverse correnti ideali e politiche rappresentate e nel dettato di alcuni articoli chiave.

ARCHIVIO MEUCCIO RUINI – L’archivio intitolato a Meuccio Ruini e custodito in Biblioteca Panizzi, rispecchia – attraverso manoscritti, dattiloscritti, corrispondenza, documenti e stampati – l’opera di studioso, pubblicista, tecnico e politico, svolta dallo statista reggiano dalle prime prove letterarie di fine ’800 agli ultimissimi anni di vita. Dall’ampia documentazione conservata nell’archivio, pervenuto in due versamenti nel 1988 e nel 2007, emerge il profilo di Ruini che fu al tempo stesso tecnico, politico e intellettuale di alto livello. Tecnico per la conoscenza della macchina amministrativa dello Stato e in particolare del settore dei lavori pubblici. Politico per lo sforzo di adeguare la sua azione alla realtà del momento e per la capacità di confrontarsi con posizioni diverse dalle sue, mediando in modo costruttivo. Intellettuale per la passione dell’indagine critica, che lo portava a unire a ogni iniziativa, in campo amministrativo e politico, un approfondito esame teorico.