Una ricerca sul territorio urbano per mappare e progettare nuove politiche partecipative rivolte a tutta la cittadinanza e comprendere gli sviluppi del tessuto sociale reggiano nel prossimo futuro: è questo l’obiettivo del progetto “Inter-city Grants 2025”, che prenderà il via nelle prossime settimane.
Grazie a un bando finanziato dal Consiglio d’Europa, Reggio è capofila di questo progetto di mappatura delle diversità culturali all’interno degli spazi urbani. La sperimentazione sarà finanziata grazie al programma Intercultural Cities del Consiglio d’Europa nei comuni di Reggio e di Modena, due città che negli ultimi decenni hanno registrato uno sviluppo demografico in parallelo. La ricerca sarà effettuata grazie alla collaborazione con l’Università degli studi di Modena e Reggio e con il Centro Interculturale Mondinsieme.
“Da alcuni decenni Reggio sta vivendo un importante processo di trasformazione legato alla crescente diversità culturale e sociale dei suoi abitanti”, ha spiegato Marwa Mahmoud, assessora comunale alle politiche educative con delega all’intercultura: “Questo sviluppo della città rende necessaria una lettura più approfondita e visibile delle diversità culturali presenti sul territorio, per elaborare politiche in grado di favorire un’effettiva partecipazione di tutti gli abitanti. Occorre, dunque, riconoscere come gli spazi condivisi dell’abitare cittadino – dagli spazi urbani aperti, come quartieri e piazze, agli spazi della cultura e dell’educazione – vivano continue interrelazioni tra persone con origini culturali diverse. Questo progetto vuole far emergere queste ‘piccole città invisibili’ che rappresentano un’opportunità sociale, economica e culturale importante per il nostro futuro”.
In questo contesto si inserisce il progetto di mappatura della diversità culturale, che ha come obiettivo quello di dare visibilità ad alcune componenti e alle storie di dialogo, scambio e relazioni sviluppate da cittadine e cittadini di diverse origini o provenienze. Grazie alla nuova mappa cittadina sarà possibile, per esempio, comprendere la dislocazione dei luoghi di culto, oppure restituire visivamente l’effettiva portata della ricchezza commerciale, dell’artigianato e del “saper fare” che caratterizza il tessuto produttivo reggiano, sviluppatosi nel corso del tempo anche grazie alla presenza di imprenditori di origine non italiana, il cui successo risiede nell’aver saputo coniugare prospettive culturali diverse.
Realizzata attraverso il software Geographic Information System (Gis) ArcGis, una piattaforma per l’analisi e la visualizzazione di dati spaziali, la mappatura è pensata come servizio per la cittadinanza e come strumento di orientamento per la pianificazione, l’attuazione e la valutazione di politiche locali effettivamente rispondenti ai bisogni della cittadinanza. Oltre alla realizzazione di mappe visive, è prevista anche la stesura di linee guida, volte a restituire l’intero percorso, in termini di sfide e opportunità, così da orientare altre città della rete Intercultural Cities che intenderanno attivare simili percorsi.
Il progetto sarà realizzato in partenariato con il Comune di Modena. La scelta del capoluogo emiliano non è solo il riflesso di relazioni istituzionali di lunga durata tra le due città, ma nasce anche dall’esigenza di realizzare una sperimentazione su due territori contigui e tra loro comparabili, grazie ad affinità presenti sia a livello socio-demografico che in termini di politiche interculturali e antidiscriminatorie implementate nel tempo. Durante le attività progettuali i due comuni potranno contare anche sulla collaborazione dell’expertise della Fondazione Mondinsieme di Reggio e del Dipartimento di Studi linguistici e culturali dell’Università di Modena e Reggio, con cui sarà siglato un protocollo d’intesa.
* * *
Nella foto di copertina: assieme all’assessora comunale Marwa Mahamoud e al sindaco di Reggio Marco Massari, Gemma Pinyol-Jiménez e Ben Freeman, funzionari del Consiglio d’Europa in visita a Reggio lo scorso aprile.







“Una ricerca sul territorio urbano per mappare e progettare nuove politiche partecipative”.
Senso pari a zero.
Esistono già strumenti e istituti statistici per fare questo. E’ il solito trito pretesto per acquisire visibilità con progetti inutili come questo e i vari sportelli antirazzisti, che non servono ad un beato ma fanno un grande effetto sulle menti anestetizzate.
Da millenni sia assiste alla trasformazione, che è perfettamente naturale ed inevitabile, la politica esiste per indirizzarla e non servono ulteriori fantasiosi istituti di ricerca che da quanto si vede normalmente sono fabbriche di cariche e stipendi.
La presunta necessità di favorire una effettiva partecipazione ha già sovrabbondanza di strutture
Gli spazi pubblici e privati si vede già benissimo come sono condivisi, tipo il cardo e decumano, i garage di via Turri e la realtà dell’area nord circostante.
Questi pseudo progetti altro non sono che forme inutili, a targa UE, di spreco di risorse che andrebbero invece indirizzate ad eliminare ed impedire il degrado di questa città(dina) agonizzante sotto il profilo sociale. Purtroppo gli indigeni grazie alla loro remissività e malriposta tolleranza plaudono a simili iniziative, imbambolati da fraseologie in post politichese gauche caviar in salsa woke.
magari si scoprirà che esistono anche delle piccole comunità di reggiani…
e forse le minoranze reggiane verranno tutelate da un Consorzio o da un marchio D.O.P…..