Aemilia, la requisitoria: secondo giorno

Nell’udienza mattutina di giovedì 17 maggio il PM Betarice Ronchi conclude la sue ricostruzione dei fatti e degli elementi processuali relativi all’imputato Giuseppe Iaquinta, padre dell’ex calciatore della Juventus e della nazionale Vincenzo. La Procura Antimafia lo ritiene un membro importante della ‘ndrangheta emiliana, che aveva a propria disposizione le armi formalmente concesse al figlio, che partecipava a Reggio come a Cutro alle riunioni decisive della cosca, anche nella tavernetta di Nicolino Grande Aracri, e che aveva ideato una falsa autodenuncia, definita dalla dott.ssa Ronchi la “mossa diabolica”, per tentare di rispondere all’interdittiva ricevuta dal prefetto De Miro. Ma “difendersi non può consentire di accusare terzi” dice il PM, che chiude di conseguenza con una richiesta inaspettata nell’aula del processo Aemilia: la nuova accusa di calunnia aggravata dal metodo mafioso nei confronti di Iaquinta. Ascoltiamo le parole di Beatrice Ronchi:
 
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GIANLUIGI SARCONE AL CARCERE DURO
 
Beatrice Ronchi ha fornito nuovi dettagli sul finto pentimento nell’autunno 2017 di Nicolino Sarcone, già condannato nel rito abbreviato di Bologna come capo della cosca reggiana. I PM non gli hanno creduto, come non hanno creduto a Gianluigi Sarcone che in aula durante il processo ha parlato della conversione del fratello lasciando intendere anche un proprio ripensamento. Una messa in scena, secondo la Procura Antimafia, che si somma ai 
comportamenti di Gianluigi in galera: leader tra i detenuti e sempre pronto a fare valere la propria autorevolezza sia verso i membri della cosca Grande Aracri che nei confronti dei mafiosi camorristi o siciliani incarcerati. Da questo insieme dei comportamenti deriva la decisione dei PM di chiedere anche per Gianluigi Sarcone l’applicazione del 41 bis, il cosiddetto carcere duro in isolamento. Misura già concessa del giudice, come spiega Beatrice Ronchi.
 
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CUTRESI RIBELLATEVI
 
C’è spazio nel tardo pomeriggio per una riflessione del dott. Marco Mescolini che collega il coraggio della denuncia politica alla percezione di forza propria della consorteria mafiosa che preferisce il silenzio al clamore. Due voci entrambe coraggiose, quella del consigliere Cinque Stelle Matteo Olivieri e quella della Presidente della Provincia di Reggio Sonia Masini, si alzarono ad ammonire: “Cutresi ribellatevi”. Ma la ‘ndrangheta non diede importanza alla prima nel 2011 sperando si trattasse di una voce isolata mentre dichiarò guerra un anno dopo alla seconda che reputava forte. Poi arrivò anche a minacciare la parlamentare Maria Edera Spadoni dopo un comizio a Reggio e la esponente della Lega Nord Catia Silva a Brescello perché tacessero. Le mafie vogliono che stiamo zitti, conclude Mescolini, e contro di loro l’unica arma di resistenza civile che ci rimane è parlare. Anche attraverso la capacità di memoria della sentenza di questo processo.
 
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La requisitoria riprende martedì 22 maggio. Si parlerà di una delle ferite più gravi inferte al nostro territorio: le speculazioni sul terremoto ai danni della popolazione colpita.