Fotografia Europea, successo alla Panizzi per il reggiano Vasco Ascolini

ascolini

Nel primo fine settimana di apertura del festival reggiano Fotografia Europea il pubblico ha accolto con enorme entusiasmo la mostra allestita in biblioteca Panizzi dedicata al fotografo reggiano Vasco Ascolini. Oltre 2.400 persone sono entrate in Panizzi per visitare Vasco Ascolini. Un’autobiografia per immagini, l’esposizione allestita nella sala mostre al piano terra della biblioteca per scoprire un piccolo tesoro: una selezione di scatti provenienti dalla ricchissima donazione che il fotografo ha deciso di fare alla fototeca della città.

Cinque sezioni raccontano la vita e l’opera di uno dei più importanti fotografi reggiani con l’inconfondibile cifra stilistica al bianco e nero che lo caratterizza, figlia dell’esempio del maestro Stanislao Farri, che con Ascolini lavorò dagli anni Settanta. La mostra, curata da Massimo Mussini, porta in scena diversi passaggi essenziali del percorso artistico Ascolini, dall’esperienza come fotografo di teatro fino alle sperimentazioni più recenti sulla fotografia e l’immagine, passando dalla ricerca sulle città e sui luoghi deputati a recludere la follia nel corso della storia. La mostra è visitabile gratuitamente negli orari di apertura della biblioteca Panizzi fino al 17 settembre 2022. Per accedere alla biblioteca è raccomandato l’uso della mascherina (chirurgica e FFP2).

La mostra

L’autobiografia è considerata un genere letterario con il quale l’autore si racconta, allo scopo di raggiungere fini differenziati e che ha una lunghissima storia alle spalle, quasi quanto l’invenzione della scrittura. Vasco Ascolini da qualche anno affianca alla sua vasta produzione fotografica la creazione di una breve autobiografia inedita in cui, più che ricostruire le sue esperienze esistenziali, traccia la storia dei suoi incontri con critici e studiosi che hanno analizzato il suo lavoro: un vero e proprio diario di viaggio in cui ha appuntato i momenti che ha considerato importanti per la sua crescita intellettuale e artistica. Il lavoro che Ascolini testimonia con questa donazione alla sua città e con quelle precedenti, rivela una continuità evolutiva che consente di seguirne le orme nel tempo e individuare i momenti di passaggio con i quali ha progressivamente arricchito il suo linguaggio espressivo. Questa mostra è la narrazione di questo percorso coraggioso, fatto di incontri importanti e di grande determinazione.

La mostra Vasco Ascolini. Un’autobiografia per immagini è organizzata in cinque sezioni che, come cinque tappe di un viaggio, delineano il percorso del fotografo attraverso il mondo della fotografia, rigorosamente in bianco e nero. La prima sezione, dedicata agli esordi, permette di scoprire, attraverso un racconto per immagini, i primi passi di Ascolini nell’universo della fotografia contemporanea, dagli anni Sessanta all’incarico come fotografo ufficiale del Teatro Municipale Valli di Reggio Emilia approfondendo i contatti con i suoi maestri, primo tra tutti il fotografo Stanislao Farri, con cui ha condiviso esperienze importanti all’alba della sua esperienza nel mondo della fotografia. Un’altra sezione della mostra è dedicata al teatro, ambiente fondamentale per il lavoro di Vasco Ascolini, che nel corso del tempo scatta fotografie che smettono di essere solo il ricordo di uno spettacolo o la testimonianza di ciò che avveniva davanti e dietro le quinte del teatro Valli, ma diventano un’interpretazione che ne modifica il rapporto tra visione fisiologica e reazione mentale, costruendo immagini capaci di suscitare inaspettate suggestioni interiori.

Negli anni Ottanta Ascolini inizia a ricevere incarichi da diverse città in Italia e in Europa e ciò che deriva da queste commissioni sono raccolte di scatti di città, musei e monumenti che raccontano attraverso l’immagine in bianco e nero un tempo sospeso, le cosiddette città invisibili a cui è dedicata la terza sezione della mostra.

Si passa poi a un tematica approfondita largamente da Ascolini nel corso della sua ricerca e che ricopre un ruolo molto significativo della sua carriera: l’indagine sulla malattia mentale attraverso i luoghi che nel corso dei secoli l’hanno segregata. Partendo dall’ospedale San Lazzaro di Reggio Emilia e muovendosi successivamente per la penisola italiana, Ascolini racconta un universo interessantissimo e denso di significati.

Infine, l’ultima sezione della mostra, Sconfinamenti, approfondisce uno scarto importante nel lavoro di Ascolini, il quale all’improvviso sconfina dal territorio della fotografia tradizionale e dà vita un nuovo tipo di immagine. Queste fotografie, chiamate Inquietudini e Persistenze, imprimono sulla carta soggetti poco riconoscibili, grazie a un lavoro sulla pellicola che ne altera fortemente le condizioni. La fotografia diviene un linguaggio diverso da sé, non restituendo più una rappresentazione della realtà, ma trasformandola e proponendo nuove apparenze.

Vasco Ascolini

Vasco Ascolini nasce a Reggio Emilia nel 1937. Dopo un approccio amatoriale alla fotografia, verso il 1965 inizia la frequentazione di Stanislao Farri, suo primo maestro. Dal 1973 al 1990 è fotografo del Teatro Municipale Valli: le sue fotografie di genere teatrale sono oggi conservate presso molti prestigiosi musei in Europa, America e Giappone. Ascolini insisterà sulla sua caratteristica “cifra al nero” e sulla poetica del frammento anche quando, dalla seconda metà degli anni ‘80, riceverà numerose commissioni pubbliche per fotografare monumenti, musei e centri storici in Italia e Francia. Proprio l’incarico di fotografare Arles lo farà approdare nel 1991 ai “Rencontres internationales de la photographie”, offrendogli visibilità internazionale e dando inizio ad un legame profondo con la Francia e con i suoi più importanti musei. La passione per la ricerca non lo abbandona e nel nuovo millennio, grazie anche a interventi off camera in fase di stampa, si adopera “per creare apparenze informi, con il gesto guidato dall’automatismo inconscio, oppure visioni oniriche di certa pittura surrealista” (M. Mussini). A lui tutt’oggi continuano ad essere dedicate mostre personali e collettive.