L’Amministrazione comunale di Reggio ha presentato con enfasi il progetto “Beni Liberati – Comunità Rigenerate”, che prevede il recupero a fini sociali di due immobili confiscati alla ’ndrangheta: l’ex villa dei Sarcone a Rivalta e una villetta di Pieve Modolena. Ma sul tema arrivano duri attacchi da Fratelli d’Italia.
“L’Amministrazione comunale di Reggio Emilia lancia trionfante il progetto “Beni Liberati – Comunità Rigenerate” – spiega Paglialonga – vantandosi del recupero di due immobili confiscati alla ’ndrangheta (…) per “finalità sociali”. Ma prima di applaudire è doveroso ricordare l’umiliazione subita da Reggio Emilia nel processo “Aemilia 1992”, quando persino il Pubblico Ministero Beatrice Ronchi ebbe a dire, aprendo la requisitoria: «Spiace e sorprende che il Comune di Reggio non si sia costituito parte civile…»”.
Paglialonga sottolinea come, in quell’occasione, “mentre Brescello si costituiva parte civile con la sindaca in prima fila, Reggio Emilia rimaneva fuori dall’aula. Secondo il movimento antimafia Agende Rosse di Modena, la giustificazione del sindaco Vecchi fu un vergognoso tentativo di arrampicarsi sugli specchi, mentre lui parlava di “… un disguido del tutto involontario… capitato nelle ultime settimane di mandato. In realtà non ci fu nessuna delibera di Giunta, nessun incarico legale, nessuna volontà politica””.
E incalza: “Il magistrato, infatti, parlò di “scelta sorprendente” e non di “errore”. Semplicemente, non hanno voluto assumersi questa responsabilità politica. E invece di ammettere l’errore, hanno tentato di coprirlo sotto il tappeto della retorica, pensando che i cittadini dimenticassero”.
Secondo FdI, dunque, “la realtà è una sola: hanno scelto consapevolmente di non esporsi, per non disturbare equilibri politici? E oggi, con lo stesso imbarazzante cinismo, cercano di riscrivere la storia, raccontando un Comune eroico nella lotta alla mafia”.
Critiche arrivano anche dalla consigliera Letizia Davoli, che interviene sul tema della futura destinazione degli immobili: “Massari ora dice che i beni confiscati saranno dati agli “indigenti” – aggiunge Davoli – ma “indigenti” è una categoria talmente vasta da essere perfetta per nascondere ogni tipo di assegnazione discrezionale. In altre parole: “indigenti” è il nuovo modo elegante per dire: “faremo ciò che vogliamo noi, ce li gestiamo come vogliamo noi. Chiediamo garanzie pubbliche, criteri oggettivi, procedure trasparenti e controllabili, non formule ambigue che tengono aperta la porta a operazioni di “gestione” politica e clientelare. Perché altrimenti il rischio concreto è che anche questi beni, strappati alla mafia con il coraggio delle forze dell’ordine e dei magistrati, finiscano per diventare un business per i soliti noti vicini all’Amministrazione, esattamente come troppo spesso è accaduto nel settore del sociale sotto il sistema di potere del PD reggiano””.
Paglialonga conclude: “Massari – invece di fare marketing sui beni confiscati, renda conto ai cittadini i veri motivi per cui “ieri” il Comune “dimenticò” di difendere la città”.







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