Inalca, il Comitato AZ di Reggio: “Si sapeva dell’amianto, è la cronaca di un disastro annunciato”

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Nel giorno del doppio incontro tra il presidente della Regione Emilia-Romagna Michele de Pascale con l’azienda, da una parte, e con i sindacati, dall’altra, sul futuro di Inalca, il Comitato Amianto Zero di Reggio è tornato a parlare della vicenda parlando di “cronaca di un disastro annunciato”.

Per il comitato “era saputo e risaputo che lo stabilimento Inalca, con i suoi 4500 metri quadrati di coperture in amianto, in condizioni assolutamente scadenti, così come certificato dallo Studio Alfa dapprima il 3 maggio 2021 e successivamente il 23 maggio 2024, al punto tale da consigliare ai proprietari dello stabilimento una bonifica (mai effettuata), costituiva una vera e propria bomba a orologeria”.

Ma c’è di più: dalla stessa relazione dello Studio Alfa “apprendiamo – prosegue il Comitato AZ – che ‘per le condizioni microclimatiche e ambientali del giorno del prelievo, era presente [nello stabilimento] una modesta dispersione di fibre […] dovuta alla presenza passiva delle coperture in cemento amianto. Tale valore rimane comunque ampiamente entro la soglia ritenuta accettabile per gli ambienti di vita pari a 2 fibre/litro con tecnica Sem‘. Una domanda sorge spontanea: quali rischi comporta per la salute dell’uomo la continua esposizione a fibre di amianto, seppur sotto la soglia prevista dalla legge? Cosa hanno fatto concretamente quei sindacalisti che oggi si stracciano le vesti, in difesa dei lavoratori dell’Inalca esposti a rischi professionali abbastanza seri?”.

Sono passati quasi quattro mesi dal devastante incendio – era la notte tra il 10 e l’11 febbraio scorsi – nell’area del polo industriale di via Due Canali a Reggio, che ha interessato un edificio per la lavorazione di carni fresche della ditta Inalca (gruppo Cremonini) e un edificio di Quanta Stock&Go adibito a magazzino di alimenti.

Da allora, ha ricordato il Comitato Amianto Zero, “è iniziata l’infinita bonifica dei luoghi contaminati da residui di amianto, provenienti dallo stabilimento e trasportati, in una vasta area cittadina, da una colonna di aria calda sviluppatasi dall’incendio (relazione Arpae del 21 febbraio scorso). Era altrettanto risaputo che la bonifica delle aree cittadine contaminate dall’amianto ricaduto a pioggia avrebbe richiesto un approccio serio e scrupoloso, soprattutto in riferimento a quanto evidenziato ancora da Arpae con nota del 21 febbraio 2025, che così recita: ‘Considerato che la dimensione ridotta e il colore grigio chiaro dei frammenti di materiale tipo fibrocemento rendono difficile la loro individuazione, non si può escludere del tutto la presenza di tali frammenti [amianto, ndr] anche in alcune zone già ispezionate. Si sottolinea inoltre che le ispezioni visive effettuate non hanno coinvolto i tetti degli edifici e il tratto ferroviario‘”.

In effetti vari frammenti di amianto, in quantità notevole, sono stati rinvenuti grazie soprattutto alle segnalazioni dei cittadini, ben 33 nei giorni immediatamente successivi all’incendio, nelle seguenti zone, sempre secondo la relazione Arpae del 21 febbraio scorso: via Ferravilla, via Ferruccio Garavaglia, via Liguria, via Fogliani, via Due Canali, parco della Resistenza, via Falcone, via Borsellino, incrocio tra via Falcone e via Cisalpina.

Per il Comitato Amianto Zero “è chiaro che la bonifica (raccolta a mano!) del territorio, effettuata esclusivamente in base alla segnalazione dei residenti, è utile e funzionale per materiali di piccola entità e rilevanza (coperture di edifici di qualsiasi natura, manufatti come canne fumarie, vasche, strutture di ricovero per animali), ma assolutamente inefficace nel caso del rogo che ha devastato l’Inalca, a causa delle dimensioni del disastro che si è consumato sulla nostra pelle. A ciò si aggiunga che la bonifica dei tetti di via Ferravilla 10 e vie adiacenti non è mai stata effettuata, così come non è mai stata ispezionata l’area verde prospiciente i quattro condomini denominati “Il Quadrifoglio” (100 unità abitative), che è separata dal parco della Resistenza unicamente da via Cisalpina”.

“Non ci stupisce, dunque, l’ennesima sfalciatura dell’erba, ora in corso nel parco della Resistenza, disposta dal Comune, affidata a una ditta specializzata nella bonifica di aree contaminate, data la probabile presenza di fibre di cemento amianto sfuggite ai primi controlli, nonostante le raccomandazioni di Arpae, evidentemente per la negligenza dei nostri solerti amministratori”.

In definitiva, conclude il comitato: “Chi si assumerà la responsabilità di eventuali gravissimi futuri danni alla salute dei cittadini, considerata l’imperdonabile superficialità con la quale è stata affrontata la bonifica (raccolta a mano!) del territorio contaminato da amianto? La gestione della catastrofe scaturita dal rogo dell’Inalca è la metafora di questa città, ormai in uno stato di profonda agonia, a causa dell’incapacità della classe politica di gestire le emergenze, asservita alla ricerca del consenso fine a sé stesso e di speculatori senza scrupoli asserviti, dal canto loro, alla logica del profitto, con ogni mezzo. Perfino a costo della vita altrui”.