Tre impegni: cultura, diritti, sviluppo green

fderica_fra

Si avvicina il Natale, mentre è già lanciata a tutto vapore la locomotiva che corre verso le urne del 26 gennaio. La via Emilia si divide così tra alberi addobbati a festa e manifesti di luminose promesse elettorali.
Federica Franceschini, 44 anni, ex consigliere comunale del Pd a Reggio Emilia, ha lavorato per un decennio a palazzo Allende (sede della Provincia) per poi passare alla Fondazione di palazzo Magnani, ha deciso di candidarsi alle regionali del 26 gennaio, e lo ha fatto perché, come lei stessa spiega, “oggi, ancora più di ieri, serve impegnarsi, spendersi in politica in prima persona, come atto di responsabilità”.

Quali sono le ragioni che l’hanno spinta a candidarsi alle elezioni regionali del 26 gennaio?

Quando il partito mi ha chiesto la disponibilità ho pensato che, oggi ancora più di ieri, è necessario impegnarsi, spendersi in politica in prima persona, come atto di responsabilità contro i deliri sovranisti che stanno abbruttendo l’Italia, l’Europa e altri parti del mondo.
Ho anche pensato che la mia candidatura potesse dare voce a una parte di elettorato che può riconoscersi più in una figura proveniente dal mondo delle professioni, del saper fare che a volte l’establishment politico ha dimenticato. Tutti gli altri candidati sono amministratori o ex amministratori. Io non sono mai stata a busta paga della politica.

Stando agli ultimi sondaggi Stefano Bonaccini sarebbe in largo vantaggio su Lucia Borgonzoni, mentre la Lega potrebbe diventare il primo partito in regione, anche se dalle rilevazioni il Carroccio sembrerebbe non spiccare il volo. Secondo lei, quale sarà il verdetto che uscirà dalle urne?

Io mi auguro che prevalga il buon senso e una valutazione oggettiva della realtà da parte degli elettori. In Emilia-Romagna si sta bene, è stata ben amministrata e cambiare per il gusto di cambiare non è un approccio saggio. Io credo che il centro sinistra vincerà.

Se lei fosse eletta in Regione, di quali istanze si farebbe promotrice nel prossimo quinquennio?

Ci sono alcuni punti che mi premono particolarmente. La cultura, i diritti e lo sviluppo sostenibile.
Siamo dentro ad una delle più profonde crisi culturali degli ultimi vent’anni. Le persone sono portate a banalizzare, a svilire il senso della comunità, a costruire stereotipi. Per invertire questo approccio serve investire sulla formazione permanente, sulla conoscenza e sui servizi culturali. Quindi mettere più risorse sui servizi alla persona e integrarli tra loro, puntando a far considerare la cultura, l’arte, la bellezza parte fondante del welfare e strumento insostituibile di benessere per la comunità ad ogni livello. Dall’investimento in cultura dipendono tutti gli altri settori.
Vorrei portare avanti progetti forti sul tema dei diritti, per sensibilizzare contro le discriminazioni di genere, nella società e nel mondo del lavoro.
Vorrei far arrivare risorse sempre più ingenti per un cambiamento dell’economia regionale: una crescita sostenibile che introduca innovazione green senza danneggiare occupazione e profitti.

Cosa porterebbe di Reggio Emilia con sé a Bologna, e cosa restituirebbe alla sua città se le fosse possibile?

Porterei l’esempio degli investimenti sull’istruzione a partire dal livello 0-6 fino a quello Universitario e l’esempio del profondo senso di comunità e civiltà che abbiamo, usandolo in ogni provvedimento da adottare a livello regionale. Vorrei rafforzare il marketing territoriale di Reggio Emilia. La chiave per spendere la nostra città all’esterno c’è e parte dalle persone, da una valorizzazione attraverso il turismo sociale e responsabile.

Il turismo e la cultura, due settori che lei conosce bene e nei quali ha lavorato, che oggi sono benzina importante nel motore dell’economia emiliana, cosa funziona a suo avviso in questi ambiti e cosa invece si potrebbe migliorare?

Reggio Emilia ha potenzialità eccezionali, ha una storia – sull’arte, la fotografia, la didattica, la danza, il cinema – straordinaria. Servirebbe forse aver la forza di fare maggiori scelte e investire principalmente sui servizi culturali, senza eccessive frammentazioni e coinvolgendo le competenze a ogni livello. La chiave turistica di Reggio Emilia risiede nell’offerta delle iniziative culturali, enogastronomiche e nelle persone (come le dicevo la vera svolta sarebbe vocare la città al turismo sociale e responsabile), strumenti attraverso i quali valorizzare anche luoghi e beni culturali.

Tornando alla politica, quali sono le ragioni per le quali crede che la Lega e questa destra, come ha scritto sul suo sito, siano “impresentabili e pericolose”?

Ho risposto in parte prima. Sono pericolose perché giocano, come hanno fatto regimi in passato o in altri paesi, sulla costruzione della paura e sulla provocazione ad hoc di allarme sociale. E sono impresentabili perché abbruttiscono e banalizzano tutto, promuovendo il mito dell’uomo forte, furbo e di una società sessista e razzista.

Bonaccini, notano gli osservatori della politica, nell’attuale campagna elettorale, ha deciso di puntare forte sulla sua immagine circondata dal mondo del civismo, lasciando in secondo piano il Pd. Questo vuole dire che oggi contano più le singole persone rispetto ai partiti?

Bonaccini è un uomo determinato, dotato di un buon carisma e capace. Puntare su queste sue caratteristiche è corretto, ma il partito di Bonaccini è il PD e lui è in primo luogo il candidato di questo partito. Un partito che – dopo una lunga fase di travaglio interno – ha svoltato e ha finalmente imboccato la strada, grazie anche al nostro Segretario Zingaretti, per tornare ad essere con più impegno quella forza di centrosinistra che ha prima di tutto a cuore le persone più fragili, che non trovano lavoro e che soffrono gli effetti della crisi economica e sociale. A sostenere Bonaccini ci sono anche altri partiti e altre forze civiche. Bene, a mio avviso sono tutti elementi che rafforzano l’azione e che restituiscono la portata di una tornata elettorale importante per la tenuta democratica e progressista di questo paese.

fdb