Teatro e creatività al tempo del Covid

teatro

di Gaia Grisanti

E’ in momenti come questi, quando tutto sembra perduto e irrecuperabile, che bisogna parlare di quello che è possibile, di modalità oggi salvifiche e alla portata di tutti: propongo dunque un viaggio all’interno del panorama teatrale nel pieno di una pandemia, un panorama che cerca ora di sopravvivere grazie anche alla tecnologia. Esistono infatti piattaforme giovani ed estremamente valide che permettono di dare sostegno alla creatività, proprio ora che sembra impossibile. Sono programmi che si rivolgono a chiunque voglia condividere i propri progetti, a chi voglia dare forma alle proprie idee, nonostante cinema e teatri siano chiusi. Penso sia necessario parlarne, soprattutto per dimostrare che ci sono ancora occasioni, che c’è ancora speranza.

“Il teatro non è altro che il disperato sforzo dell’uomo di dare un senso alla vita”, diceva Eduardo De Filippo. Mi sono allora domandata da dove potessero ricominciare, ora ed ex lege, i professionisti di questa fondamentale branca dello spettacolo, adesso che l’intervallo sembra interminabile e non si sa ancora quando il prossimo atto avrà inizio. Mi sono chiesta anche come poter raccontare questo microcosmo fatto di luci e di ombre, grida, sudore e carezze per l’anima. Ho deciso dunque di recuperare i miei ricordi, per condividerli con chi non ha avuto la fortuna di vivere parte della propria vita su palchi polverosi e scricchiolanti, e parlare di chi invece ne ha fatto un lavoro vero, fra luci e copioni, registi e comparse.

“Bisogna approfittare dei momenti di crisi, diventa necessario orientare la propria creatività e le proprie idee verso direzioni nuove e molteplici: occorre reinventarsi”, spiega Roberto, Creative Manager. Quella di Roberto, ad esempio, è diventata una figura importante e spesso necessaria, all’interno di molte aziende del panorama industriale più moderno e dinamico: attraverso il teatro e la metodologia creativa, infatti, riconosce e sviluppa i talenti, le competenze trasversali delle persone e dei team, le capacità di percorrere strade indirette verso i risultati, uscendo completamente da schemi e processi tradizionali di interpretazione dell’approccio ai problemi ed al mercato. Il lavoro di chi per mestiere crea è oggi spesso supportato da diverse piattaforme in grado di conferire corpo, colore e calore a quei progetti che fino a pochissimo tempo fa potevano esprimersi solo su un palcoscenico, o in una sala, unicamente attraverso il confronto ed il contatto diretto con altre persone. Mentimeter è una di queste. Questo programma svedese permette infatti di creare delle presentazioni interattive e di ottenere feedback immediati attraverso elementi come domande, sondaggi, reazioni ed altro. Per chiunque abbia intenzione di proporre approcci e materiali di tipo creativo, o lavori attraverso idee di pari natura, ma non solo, potrà trovare in questo strumento un supporto istantaneo, estemporaneo, ma professionale e ad alta fruibilità, con ampio contributo alla presentazione.

Anche i tecnici audio e luci hanno spesso a disposizione diverse soluzioni legate all’informatica, possono dunque adattare le loro competenze e capacità a panorami lavorativi molto affini alle loro abilità, fondendo e sviluppando al tempo stesso preparazione tecnica e inventiva.


Pensare però che questi espedienti siano validi anche per gli attori di teatro, unica tessera finora mancante a questo piccolo mosaico, è banalmente e macroscopicamente sbagliato: ad un attore di teatro, una piattaforma che dia struttura ad un progetto, non serve a nulla. Tutto ciò che occorre ad un attore è la platea, qualcuno a cui raccontare una storia. Il pubblico, le persone, gli applausi, le risate, il calore, i colpi di tosse nel silenzio non possono essere sostituiti in alcun modo.
Dunque, oggi la platea vuota non è solo la conseguenza di un momento storico drammatico e doloroso, è un attore che manca alla commedia. Ogni persona all’interno di una sala con sipario, ha il potere di rendere unico ed irripetibile una rappresentazione scenica, e pertanto un’emozione. Chiunque abbia mai assistito più di una volta allo stesso spettacolo, potrà confermare che mai uno è uguale all’altro: la meraviglia che prende forma in quel sottile spazio fra palco e platea è capace di generare un richiamo alla bellezza tale da avvolgere ogni persona presente in una propria e personalissima sfera infrangibile, fatta di intimo e privato.

Ogni volta che un’opera teatrale si conclude, qualunque persona vi abbia partecipato o assistito porterà con sé sensazioni particolari e preziose. E’ questo, ciò che manca. Non si pensi che sia solo una questione legata all’economia: il panorama teatrale italiano non è mai rientrato fra le priorità istituzionali e sociali, ma è comunque riuscito a sopravvivere grazie ad un’eredità culturale che, per fortuna, continua ad eccellere con coraggio. Se, fino a questo momento, con fatica, abbiamo avuto qualche possibilità di non impigrire, camminare, correre, di compiere qualche esercizio casalingo per il fisico, temo tuttavia che uno degli apparati più importanti e considerevoli del nostro organismo si stia atrofizzando celermente: io lo chiamo “apparato emotivo”.

Non abbiamo più grandi o piccole occasioni per sollecitarlo, per ricordagli che, prima o poi, anche lui tornerà ad essere nutrito da pensieri straordinari, che non hanno nulla a che fare con la rabbia e la frustrazione di questi tempi. Non dimentichiamoci di tutto quello che per noi era istinto e necessità di meraviglia, continuiamo a chiederci cosa ci manchi delle sale buie, di racconti e fantasie dipinte davanti ai nostri occhi solo grazie al talento espressivo di qualcuno che probabilmente non conosciamo nemmeno, ma che è lì solo per regalarci un’emozione.
Emozione.

Il palco di qualunque teatro porta con sé le cicatrici di tutte le storie che lo hanno calcato, segni che polvere inerme conserverà fino a quando il prossimo applauso annuncerà il termine della commedia più tragica degli ultimi settant’anni. Potremo tornare a cibarci di splendori e incanti solo se saremo stati in grado di far germogliare, dal buio e dal silenzio, la voglia di emozionarci ancora.