Siccità, la Regione Emilia-Romagna pronta a chiedere al governo lo stato d’emergenza per crisi idrica

siccità del fiume Po a Sabbioncello

La Regione Emilia-Romagna è pronta a chiedere al governo lo stato di emergenza nazionale per la crisi idrica che sta minacciando in particolare i territori del bacino padano dell’asta del fiume Po: un passo necessario per fronteggiare una situazione di siccità complessa dal punto di vista ambientale che rischia di avere preoccupanti ricadute anche sul fronte delle produzioni agricole, e non solo. Gli habitat naturali, ad esempio, sono messi a dura prova, e nelle ultime settimane si sta registrando anche una forte risalita del cuneo salino dal mar Adriatico.

In queste ore la Regione è al lavoro per istruire una pratica completa e approfondita, affinché sia accolta il più velocemente possibile da palazzo Chigi.

Il capo della Protezione civile nazionale Fabrizio Curcio, da parte sua, si è impegnato a portare la questione all’attenzione del governo, e in particolare dei ministri competenti per materia, e ha convocato per il pomeriggio di martedì 21 giugno una cabina di regia a Bologna per gestire l’emergenza: in quell’occasione saranno analizzati i dati aggiornati dell’Osservatorio del distretto del Po, che si riunisce lunedì 20 giugno, per avere un quadro ancora più chiaro della situazione.

Assieme alla Regione sono stati chiamati a fare il punto e a mettere in campo i primi interventi anche i gestori del settore idropotabile, Atersir (l’Agenzia territoriale dell’Emilia-Romagna per i servizi idrici e i rifiuti), l’Anbi (Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari), il Consorzio del Canale emiliano-romagnolo e l’Autorità di distretto del fiume Po.

L’emergenza idrica per il momento coinvolge principalmente l’attività irrigua del settore agricolo, comparto fondamentale per l’economia dell’Emilia-Romagna, ma preoccupa anche il fronte idropotabile, soprattutto alla luce delle previsioni meteo per le prossime settimane. La forte siccità del fiume Po potrebbe impattare con la capacità di approvvigionamento del canale emiliano-romagnolo, che contribuisce anche alla fornitura di acqua potabile in Romagna.