Soncini: in Emilia centrosinistra credibile

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Inizierò con alcune domande che riguardano la vicenda politica con la quale presto dovrete fare i conti, visto che la data delle prossime elezioni regionali (fissata per domenica 26 gennaio 2020) sembra ancora lontana, ma il tempo, come sempre, scorre veloce. In primis: come valuta la scelta di Matteo di Renzi di abbandonare il Pd?

“Un’operazione legittima, ma non ho condiviso scissioni in passato e non posso condividere quelle odierne. Matteo Renzi, Carlo Calenda e Matteo Richetti erano risorse importanti per il Pd e ora mancheranno, lasciandoci più poveri di complessità culturale e di rappresentanze di aree sociali e politiche. Renzi, quando annuncia la scissione, parla di superamento del partito del ‘900 che significa, chiaramente, il superamento del partito territoriale. Per chi, come me, ha sempre vissuto la politica in una dimensione di territorio, di prossimità ed è affezionato ai progetti portati avanti in questi anni e alle persone con le quali ho condiviso impegno e passione, la scelta di Renzi risulta una proposta di vertice. La politica è una comunità collaborativa, non un sistema che risponde ad un leader. Oggi l’eredità del pensiero di Dossetti, La Pira e Moro non può camminare con le gambe di un partito solo web, social e leader, ma con le gambe di una comunità politica”.

Secondo: lei pensa che “Italia Viva”, la nuova forza politica costituita dall’ex premier, possa danneggiare la corsa del Partito democratico alla riconferma del governo regionale?

“Renzi, e chi l’ha seguito, ha dichiarato che alle elezioni regionali Italia Viva sosterrà Stefano Bonaccini. Iv sarà una risorsa in più e farà campagna elettorale insieme a noi. Italia Viva resta un interlocutore politico fondamentale, per me dovrà esserlo”.

Come valuta la possibile alleanza, sulla scia del governo giallo-rosso, tra il Pd e il Movimento Cinquestelle in occasione delle prossime regionali?

“E’ presto per rispondere. Occorrono tempi di maturazione adeguati, non credo ci sia automatismo tra centro e periferia. E’ indubbio che tra Pd e 5s ci siano punti di convergenza su alcune tematiche, penso ad ambiente e sociale. Con i 5s in Regione ci siamo trovati dalla stessa parte, pur con delle differenze, ad esempio su Reddito di Solidarietà e politiche per le persone anziane e le persone disabili. Restano comunque accordi complicati che richiedono tempo”.

Veniamo a un tema di stringente attualità, il rinato spirito ambientalista che preme alla porta della politica alla ricerca di risposte concrete. In Europa i verdi, anche come partito, sono risorti. E, in particolare a Nord del Continente, dettano l’agenda politica dei governi. In Italia, invece, il sentimento verde non è affidato a una forza di palazzo, ma a migliaia di persone, soprattutto giovani (abbiamo visto il Friday for Future), che scendono in piazza per chiedere di preservare il pianeta e di non rubargli il futuro. I democratici, il Pd, e la regione che amministrate, quali risposte intendono dare a questi ragazzi?

“Vedo un’inversione di tendenza nell’impegno dei giovani in politica, un fatto positivo che va analizzato. Alle elezioni europee il voto giovane è aumentato ed è andato soprattutto ai partiti “verdi”. La loro partecipazione è, purtroppo, intermittente e la politica deve prendere atto che essa non è legata a tessere di partito, ma a temi post-ideologici come quello ambientale. Credo che le risposte da trovare siano da costruire anche insieme a loro. Potremmo iniziare prendendoci un impegno semplice: entro cinque anni piantiamo un albero per ogni cittadino emiliano-romagnolo. Non dimentichiamoci che oggi gli alberi sono la principale soluzione che abbiamo per far fronte al riscaldamento globale”.

Secondo lei, perché nelle scuole di ogni ordine e grado non esiste una materia (una sorta di new-educazione civica) che si occupi di forgiare giovani-studenti-cittadini sensibili alle tematiche ecologiste, che oggi rappresentano una delle emergenze e priorità mondiali? Perché, faccio un esempio, i bambini (naturalmente intendo quelli che possono farlo) che seguono alcuni dettami dello stile e dell’educazione di vita ambientalista, come andare a scuola in bicicletta (anche quando piove), non vengono premiati dall’ambiente educativo? In altri Paesi, a chi si comporta in modo ‘ecologicamente corretto’, viene dato un piccolo riconoscimento: un gadget, per esempio, o un adesivo da attaccare sulla bicicletta. Questo allo scopo di testimoniare il fatto che stanno compiendo una buona azione, quella di non inquinare. D’altronde i bambini di oggi saranno i cittadini di domani, perché non sensibilizzarli sin da piccoli su queste tematiche?

“La “coscienza ambientale” si forma nelle scuole. Il primo passo è capire e vivere con consapevolezza la gravità della situazione. All’educazione ambientale affiancherei l’educazione alimentare: il cibo è un elemento cardine del cambiamento per uno stile sobrio ed ecologico. Spero che il nuovo governo nazionale lavori su questo fronte”.

Parlando di Paesi che hanno a cuore l’ambiente, ve ne sono alcuni che danno incentivi alle persone che non usano la vettura per giungere sul posto di lavoro. Favoriscono l’acquisto delle biciclette, investono in mezzi pubblici spesso elettrici, confortevoli e sui quali è piacevole viaggiare e al contrario dismettono gli autobus inquinanti e sovraffollati come spesso sono qui da noi. Secondo lei, l’Emilia-Romagna, che è considerata una regione evoluta, può avvicinarsi a questo tipo di dinamiche virtuose? Oppure, come in molti sostengono, il nostro Paese deve considerarsi risucchiato nell’area del Mediterraneo meridionale, dove il traffico caotico e lo smog selvaggio per strada sono la regola? 

“Il trasporto è un diritto e un bene pubblico e per avere una società più uguale e giusta occorre dare a tutti il diritto di muoversi, attraverso la qualità del servizio e una scontistica elevata per pendolari, lavoratori, studenti e anziani che usano abitualmente autobus e treni. L’Italia ha un ritardo storico sulle sue abitudini di spostamento difficile da affrontare: tutte le città italiane insieme hanno i chilometri di metropolitana che ha la sola Madrid, come si può pensare di abbandonare l’auto se non ci sono i servizi pubblici? Per fare cambiare abitudine alle persone, servono alternative. La conseguenza è che in Italia gli spostamenti per il 65% avvengono con il mezzo privato, mentre in Germania per il 65% avvengono con mezzi sostenibili. Il ritardo storico deriva anche dal fatto che i comuni, le province e le Regioni su questo tema sono sempre stati lasciati soli: lo Stato non ha mai finanziato piani veri di investimento infrastrutturale. Il primo piano strategico è stato fatto pochi anni fa: il piano “connettere l’italia”, un piano di potenziamento di tutte le linee metropolitane. L’Italia inoltre ha un grande ritardo nel rinnovo del parco autobus (10 mila su 50 mila sono ancora ad euro zero!), anche per questo motivo si è investito in Regione sull’acquisto di bus ecologici per il trasporto pubblico locale con l’obbiettivo di arrivare al 50% dei mezzi elettrici entro il 2030; abbiamo previsto incentivi ed ecobonus per chi passa ad auto elettriche, ibride, a metano o gpl; abbiamo previsto bus gratis nei centri urbani per chi fa l’abbonamento ai treni regionali; con la legge regionale sulla mobilità ciclabile stiamo finanziando le realizzazione di 135 chilometri di nuove piste ciclabili e mille posti bici in più per l’interscambio ferroviario; si procede inoltre alla completa elettrificazione dei treni e del sistema ferroviario. Infine abbiamo lavorato come prima Regione italiana ad un piano per il rinnovo straordinario dei treni regionali per averli più nuovi, più numerosi e più sostenibili. Queste sono solo alcune delle azioni intraprese, ma serve una scelta radicale verso la mobilità sostenibile. Il beneficio è a favore della nostra salute, dei nostri spostamenti perché più efficienti e dell’economia”.

Parafrasando il film dei fratelli Coen “Non è un Paese per vecchi”, possiamo invece dire che l’Italia e con essa anche l’Emilia si sta velocemente trasformando in un paese di vecchi, dove chiudono i punti nascita e aprono sempre più e nuove case di riposo, e la crescita demografica è ormai un’esclusiva ad appannaggio dei cittadini immigrati. Come si fa a restituire fiducia a quei giovani che puntano ancora sulla famiglia e che, nella maggior parte dei casi, devono rinunciare ad averla per il semplice fatto che oggi per loro costa troppo mantenerla?

“Nel nostro sistema di welfare la famiglia è sempre stata considerata poco nonostante sia la spina dorsale della società e il suo futuro. Ma oggi assistiamo ad un cambio di passo memorabile: in discussione a livello nazionale c’è l’assegno unico universale legato al numero dei figli, una proposta promossa dal forum delle famiglie tradotta in un disegno di legge a prima firma Delrio. In Emilia-Romagna cosa abbiamo fatto? Innanzitutto abbiamo creato un organismo di confronto: il tavolo sulle politiche familiari con le associazioni che rappresentano le famiglie, le diocesi, le famiglie stesse dell’Emilia Romagna, i soggetti del terzo settore e i comuni per mettere in fila una serie di iniziative. Dal cambiamento dei regolamenti sulle politiche abitative, all’intervento contro la povertà poiché la povertà assoluta insiste, dati alla mano, in modo più significativo sulle famiglie con giovani e bambini, passando per il piano triennale sull’adolescenza con un aumento degli sportelli di ascolto nelle scuole medie per contrastare l’abbondono scolastico,  siamo arrivati ai contributi regionali per i centri estivi, alle scuole per genitori con esperti qualificati in ogni provincia, all’abolizione del superticket per le famiglie con meno di 100 mila euro ISEE e all’abolizione del ticket sulla prima visita specialistica per le famiglie con due o più figli. Infine, abbiamo introdotto forme di flessibilità oltre al nido classico nella legge sulla prima infanzia e messo a bilancio la riduzione delle rette dei nidi, un impegno che, per quanto mi riguarda, può valere una intera legislatura. Ancora tanto è da fare per dare una spinta alla natalità e alla costituzione delle famiglie, i centri per la famiglia sono punti nevralgici da sostenere e valorizzare”.

Lei si candida per un secondo mandato al Consiglio regionale. In tre punti, enumerandoli: uno, due e tre, quali sono i principali obiettivi che si prefigge di raggiungere nel prossimo quinquennio?

“Se sarò candidata farò del mio meglio per corrispondere alle aspettative, alle richieste, ai bisogni del territorio reggiano, dal Po all’Appennino, e dei suoi cittadini e cittadine. Lavorerò inoltre per i giovani, con un progetto complessivo a favore della loro autonomia; per la famiglia, con una legge quadro; per le persone fragili, un valore aggiunto per la nostra comunità e per le donne, che vanno sostenute perché possano essere insieme madri e lavoratrici. Infine, la Regione ha bisogno di una “svolta verde” che sappia coniugare la salvaguardia dell’ambiente e lo sviluppo economico. Le stime dicono che entro il 2023 in Italia la green economy arriverà ad avere il 50% di lavoratori a inizio carriera in più rispetto al digitale. Significa fino a 200mila lavoratori in più nella sola Emilia-Romagna”.

E’ convinta che il Pd e lo schieramento del centrosinistra vincerà le prossime elezioni regionali in Emilia-Romagna? E se sì, secondo lei, lo farà in virtù del fatto che il centrosinistra in Emilia ha sempre governato bene, oppure perché la maggioranza dei cittadini che si reca alle urne ormai si rifugia costantemente nella logica dello scelgo il meno peggio?

“Il voto sarà il 26 gennaio 2020 e ciò che più mi sta a cuore è convincere il maggior numero possibile di persone che il loro voto per le elezioni in Emilia-Romagna è importante. Il voto è la massima espressione della democrazia, ma cinque anni fa votò il 37% dei cittadini e delle cittadine. Votare significa assumersi la responsabilità di scegliere e di partecipare consapevolmente al futuro di tutti. Il centrosinistra in Emilia-Romagna è credibile, la nostra Regione non può tornare indietro, ma deve andare avanti verso un futuro che non lascia indietro nessuno e genera opportunità per tutti”.

(Ferruccio Del Bue)