C’è un dato che non lascia scampo all’ottimismo di maniera: Reggio Emilia arretra. Lo dicono i numeri, non gli umori. Il turismo cala del 4,7% nei primi mesi del 2025, le imprese si riducono di oltre mille unità in un anno, la disoccupazione risale silenziosa.
L’antica laboriosità reggiana, che un tempo faceva di questo territorio un laboratorio di sviluppo e coesione, sembra oggi smarrita. Non è un raffreddore congiunturale: è un sintomo di decadenza strutturale. Reggio non cresce più perché ha smesso di crederci, e soprattutto perché chi la governa ha smarrito il mestiere di governare l’economia. Si discute di geopolitica, di Gaza e di rivoluzione, di referendum e identità globali, ma nessuno si occupa davvero del tessuto produttivo, delle botteghe che chiudono, delle start-up che non nascono, degli artigiani che non trovano ricambio.
Le nuove amministrazioni, insediate con grandi ambizioni civiche e parole d’ordine moralistiche, stanno mostrando un tratto comune: una sorprendente incompetenza in materia di crescita e sviluppo. Si celebrano ricorrenze, si annunciano piani, ma nel frattempo le statistiche della Camera di Commercio registrano un’economia che arretra e un capitale umano che emigra.
Il sindaco Massari, invece di affrontare questa realtà, si è distinto per una gestione goffa e divisiva delle relazioni istituzionali, culminata nella infelice vicenda con protagonista la signora Albanese, segno di un’amministrazione che naviga a vista: un episodio che ha reso palese non solo la fragilità di un gruppo dirigente improvvisato, ma anche l’assenza di visione e di programmazione.
Non basta inaugurare piste ciclabili o organizzare festival del pensiero critico per dare respiro a un’economia che soffoca. Servono idee industriali, politiche per sostenere le imprese, infrastrutture moderne, una visione che rimetta in circolo fiducia e investimenti. Invece, si preferisce la propaganda culturale, come se bastasse qualche evento patinato e comunque divisivo per nascondere il logorio della realtà.
Reggio Emilia avrebbe bisogno di tornare sé stessa, di ritrovare la serietà amministrativa e la concretezza che in anni lontani ne fecero un piccolo modello nazionale. Se i numeri dell’economia segnano la decadenza, la responsabilità politica è ormai evidente. E il tempo della retorica è finito.







Direttore, consentimi qualche considerazione banale ma forse, alla prova dei fatti, non del tutto scontata.
Banalità 1: a Reggio serve un’amministrazione finalmente sobria e concreta, che finalmente produca fatti concreti per la città, che agisca in sintonia con le priorità della gente, che smetta di fare pubblicità a sé stessa e che abolisca la parola “eccellenza”, che non pensi a visibilità e lustro personale se non attraverso azioni concrete portate a termine per il vantaggio della Comunità, che lasci la politica internazionale alle sedi proprie, che non prometta e che non annunci più ma che faccia.
Banalità 2: al Paese e a Reggio servono partiti che valutino e che facciano crescere le capacità amministrative delle loro persone e che canalizzino verso il pubblico interesse le legittime ambizioni personali.
Banalità 3: a Reggio serve un’opposizione che finalmente sappia davvero proporsi come alternativa credibile e non come chi vuole sempre buttare il bambino con l’acqua sporca.
Ho scritto le mie prime considerazioni sulla decadenza di Reggio sui giornali locali già quindici anni orsono,denunciando scelte a mio avviso errate e non condivide dai cittadini.Purtroppo la realtà odierna mi dà ragione , ragione che preferirei non avere,ma in ogni caso chi è causa del.suo.mal pianga se stesso.Se i reggiani non si svegliano e hanno uno scatto di orgoglio,questa città è candidata all’ oblio sociale ed economico.
Il tempo della retorica è finito, ma non e’ detto che sia finito il tempo di recarsi alle urne appena possibile e votare sempre e comunque PD. Per gli amici che curano la comunicazione istituzionale della futura giunta suggerisco lo slogan: peggioraRE.
“Servono idee industriali, politiche per sostenere le imprese, infrastrutture moderne, una visione che rimetta in circolo fiducia e investimenti” invece di questo bla bla bla sempre uguale con frasi di maniera, le dispiacerebbe farci qualche esempio e qualche proposta? Dite sempre le stesse cose ma voi cosa fareste praticamente? Tutti sappiamo che i centri commerciali sono cresciuti come funghi, non c’è zona di Reggio che ne sia priva. Con una offerta così come potranno mai prosperare i negozi del centro storico? Sono destinati, salvo rare eccezioni, a chiudere e con essi chiuderà il centro storico fatto salvo il moltiplicarsi di Bar, Baretti e Ristorantini.
Condivido in pieno: attendiamo che i pochi superstiti parcheggi gratis vengano messi a pagamento, lasciamo scorrazzare i maranza bisognosi di coccole e vedrete che anche bar e ristoranti del centro storico, dopo i negozi, abbasseranno la serranda.
Sempre viva la Carlotta e le sue superciclabili! (A proposito: a quando una campagna per dare un minimo di educazione ai ciclisti e ai monopattini? O hanno bisogno di coccole anche queste categorie che si distingono per disprezzo del codice della strada?)
Abbiamo semplicemente detto no a tutto mai dei si questa paura incredibile , no alla fiera che non abbiamo più no all inceneritore che era un esempio come produzione luce ecc no ai vari insediamenti logistici ed errori politici quindi
Sono d’accordo la sua analisi impietosa ma reale porta ad una sola conclusione meno parole altisonanti con slogan e più fatti concreti con obiettivo unico quello di fare impresa, credo che questo sia impossibile con la attuale classe dirigente e che necessiterebbe non di un cambio di passo ma di gambe nuove. Solo il voto potrebbe cambiare la storia futura, ma qui si entra in un’altra storia , dove troppi interessi e privilegi si intrecciano e rendono questa realtà un verminaio senza fine.