Pene ridotte in appello per i cinque carabinieri della stazione “Levante” di Piacenza a processo

caserma stazione Levante Piacenza

La prima sezione della corte d’appello di Bologna ha ridotto le pene per i cinque carabinieri imputati nel processo sui fatti della stazione Levante di Piacenza, finita al centro delle cronache nazionali nel luglio del 2020 in seguito agli sviluppi dell’operazione “Odysseus” della Guardia di Finanza piacentina, che aveva portato all’arresto di alcuni militari in servizio (accusati di reati gravissimi come spaccio, corruzione, abuso d’ufficio e tortura, commessi in particolare durante il lockdown), al sequestro temporaneo della stessa caserma e al trasferimento dei vertici provinciali dell’Arma.

Il sostituto procuratore generale Nicola Proto aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado per quattro dei cinque imputati: ma in appello l’appuntato Giuseppe Montella, ritenuto il leader del gruppo, si è visto ridurre la pena da 12 a 10 anni di reclusione, così come ci sono state riduzioni per gli appuntati Salvatore Cappellano (da 8 anni a 6 anni e 4 mesi) e Giacomo Falanga (da 6 anni a 5 anni e 3 mesi), per il carabiniere Daniele Spagnolo (da 3 anni e 4 mesi a un anno e due mesi) e per l’ex comandante della stazione Marco Orlando (da 4 anni a un anno, 8 mesi e 20 giorni grazie al riconoscimento delle attenuanti generiche).

Per Spagnolo (l’unico imputato per il quale la procura generale aveva già chiesto una riduzione, anche se non così consistente come invece hanno stabilito i giudici di appello) e Orlando è stata disposta anche la sospensione condizionale della pena. La corte d’appello ha inoltre diminuito la provvisionale per il Ministero della difesa (10.000 euro) e quella per i sindacati Nsc e Pdm (2.000 euro).

Per Lucia Musti, procuratrice generale reggente di Bologna, “le riduzioni di pena sono minime e fisiologiche, mentre le parziali assoluzioni riguardano soltanto alcuni capi di imputazione. Merita di essere evidenziata, inoltre, la conferma in grado di appello del delitto di tortura, ai suoi primi riconoscimenti giurisprudenziali”.