Non il nome, non il simbolo: il nodo da sciogliere nel Partito Democratico prima di qualunque altra considerazione sono i tempi del congresso.
Tutti, a cominciare dal segretario Enrico Letta, sperano di concludere il percorso che porta alle primarie in tempi brevi. Un compito non facile, tuttavia: l’ultima volta, era il 2019, ci vollero sei mesi per fare i congressi locali, quelli provinciali per approdare infine al congresso nazionale e alle primarie.
Base Riformista, che ha già detto di voler sostenere la corsa di Stefano Bonaccini, preme perché “non si allunghi il brodo”: il rischio, per l’area politica che si raccoglie attorno a Lorenzo Guerini, è quello di arrivare impreparati alle regionali di primavera, oltre che veder logorare la figura del proprio candidato.
Ma intanto, come riporta il Corriere della Sera, per i dem, per convocare il Congresso, una sola direzione non basta, ne serviranno almeno due, solo dopo i sarà avviata l’assemblea nazionale che darà il via all’iter congressuale. Dunque la direzione di giovedì 6 ottobre potrebbe essere solo una riunione per analizzare il voto in attesa della prossima, sempre che non prevalga l’idea di prorogare il segretario Enrico Letta lanciata da chi si oppone alla candidatura del governatore di Stefano Bonaccini.







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