Nel Pd fronda sotterranea dell’area riformista contro Bonaccini: “Appiattito su Schlein”

Bonaccini Schlein

Non è una ribellione aperta, perché il momento è delicato e ci sono importanti appuntamenti elettorali all’orizzonte, ma nei tanti meandri del Partito Democratico l’area riformista è in agitazione. Il malumore sobbolle, e sul banco degli imputati c’è un pezzo da novanta: il presidente del partito Stefano Bonaccini, ex governatore dell’Emilia-Romagna e oggi europarlamentare. L’area riformista, nello specifico, lamenta un presunto eccessivo “appiattimento” di Bonaccini sulle posizioni della segretaria Elly Schlein.

In effetti la vicinanza tra i due, almeno apparentemente, sembra essersi rafforzata nel tempo: sono lontani i giorni in cui, all’indomani del congresso del Pd, che vide vincere – un po’ a sorpresa, forse – l’ex vicepresidente della giunta regionale emiliano-romagnola, Bonaccini veniva accusato spesso, più o meno velatamente, di cercare di minare dall’interno la giovane e inesperta nuova segreteria targata Schlein.

Oggi la sintonia appare più salda, come si è visto anche in occasione dell’ultima Festa nazionale dell’Unità, organizzata dal Partito Democratico all’Iren Green Park di Reggio: durante l’evento conclusivo della manifestazione, appena prima del suo lungo discorso finale, Schlein ha voluto chiamare sul palco proprio Bonaccini, lasciandogli la scena per qualche minuto davanti a centinaia e centinaia di persone ed enfatizzando il lavoro comune per “l’unità dentro al partito”. Aspetto che poi lo stesso Bonaccini ha ulteriormente sottolineato pubblicando il video su Instagram.

 

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A far riemergere le tensioni rimaste fin qui più “sotterranee” è stato un episodio recentissimo: la convocazione della direzione del partito, fissata per martedì 23 settembre, a ben sette mesi dall’ultima riunione dell’organismo del Pd. “Perché proprio adesso?”, ci si chiede nell’area riformista. Non c’è una risposta ufficiale, ma serpeggia un sospetto sulla tempistica: che sia un tentativo di ricompattare il gruppo, contando sulla (quasi) certezza che nessuno si vorrà assumere la responsabilità di creare spaccature proprio adesso, a ridosso del fondamentale appuntamento con le elezioni regionali, banco di prova non solo del Partito Democratico, ma del più ampio “campo largo” e del fronte di opposizione al governo Meloni. Il malcontento, però, cova sotto la cenere.



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