Sono passati cinquant’anni dall’omicidio di Alceste Campanile, giovane militante di Lotta Continua brutalmente assassinato con due colpi d’arma da fuoco in provincia di Reggio il 12 giugno del 1975. Il suo corpo fu ritrovato nella tarda serata di quel giorno presso Convoglio, su una strada di campagna sulle rive del fiume Enza, tra Montecchio Emilia e Sant’Ilario. Molti anni dopo confessò l’omicidio Paolo Bellini, recentemente condannato all’ergastolo anche per la strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna.
In questi giorni la stampa locale ha ricordato la ricorrenza, e da qui ha preso spunto Marco Eboli per “portare il mio contributo alla discussione con esperienze di vita politica e ricordando altre piste che il padre di Alceste Campanile sostenne sino alla morte”.
“Mi iscrissi al Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del Msi, nel 1977, due anni dopo l’omicidio di Alceste, ed ebbi modo di vedere la tessera del Fronte della Gioventù di Campanile, prima del suo passaggio a Lotta Continua”, ha ricordato Eboli: “Ebbi poi modo di conoscere il padre di Alceste, il quale non solo privatamente, ma con lettere alla stampa locale, facili da recuperare, sosteneva che gli assassini di suo figlio fossero da cercare nell’estrema sinistra, e in particolare da collegare al rapimento Saronio, a opera delle nascenti Brigate Rosse, proprio a Reggio Emilia, dove il Gruppo dell’appartamento di via Emilia San Pietro, Franceschini, Ognibene, Gallinari per citarne i capi, seppur iscritti ancora alla Fgci, organizzazione giovanile del Pci, meditava la latitanza e le prime azioni terroristiche. Il sequestro Saronio, secondo il padre di Alceste, fu la prima azione delle Br per finanziare la lotta armata e il giovane militante di Lotta Continua, sempre secondo la versione paterna, probabilmente venne a conoscenza di notizie, di cui forse parlò con qualcuno del suo ambiente politico, che portò al suo assassinio per timore che le notizie giungessero alle forze dell’ordine”.
“Ho ritenuto doveroso ricordare questi fatti – ha aggiunto Eboli – perché era noto, anche allora, che in seno alla famiglia Campanile non vi era accordo sui responsabili e sulle motivazioni dell’assassinio di Alceste. Ora è rimasto solo il fratello Domenico, che già allora mi risulta non condividesse le ipotesi del padre. Leggo dell’intenzione del sindaco, che ha paragonato Alceste ai morti del 7 luglio 1960, a mio parere impropriamente, di dedicare un luogo o un evento permanente alla memoria di Alceste Campanile. Non entro nel merito della proposta, mi interessava solo ricordare la figura di Alceste, che fu più complessa rispetto a ciò che si sta ricordando in questi giorni”.







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