Lucia Annibali: “Il Codice Rosso crea dei rischi”

Lucia annibali

Dopo l’approvazione del “codice rosso” contro la violenza sulle donne Lucia Annibali ha rilasciato un’intervista ad HuffPost spiegando le motivazioni per cui questa legge non è adatta a tutelare le donne.

Lucia Annibali è una deputata del Partito Democratico, lei stessa vittima di un agguato con l’acido, ad opera di due uomini mandati dal suo ex fidanzato, in cui è rimasta sfigurata.

“Salvini ha fatto l’esperto di donne, ma è lo stesso che aveva proposto il telefono rosso quando c’è già il numero antiviolenza nazionale. È lui che deve documentarsi”

“La sinistra non ha votato a favore, parlano parlano ma quando serve se ne fregano”, ha scritto Salvini. Annibali non ci sta. “Ce l’ha con la sinistra perché gli sta chiedendo di andare in Aula sul caso dei fondi russi – scandisce la deputata dem -. A proposito della violenza sulle donne, chiediamo a Salvini come vuole affrontare la questione delle donne migranti vittima di tratta, delle quali sembra non volersi occupare. È meglio che taccia. La nostra è una posizione seria, la sua è solo propaganda”.

La Annibali ha evidenziato immediatamente delle criticità, che rendono questa legge “un testo assolutamente insufficiente, insostenibile, dunque inefficace”, lamentando che anche sulla violenza sulle donne la maggioranza non abbia messo da parte l’ipocrisia e non abbia voluto valutare il provvedimento dal punto di vista tecnico e politico, dicendo poi “il diktat era che era immodificabile e che restasse immodificato”.

Alla domanda sul perché questa legge è sbagliata l’Annibali risponde “è impensabile che, a parità di organico, gli uffici dei pm possano soddisfare l’obbligo fissato nel testo. La senatrice Valente, stamane, ha fatto notare che questo è un testo a invarianza finanziaria, nel senso che non vengono stanziate risorse. È questo il cappello del provvedimento ed è questo che lo rende inefficace e inapplicabile. E poi non si può pensare di sentire le vittime senza alcuna distinzione rispetto alle gravità delle ipotesi di reato”.

Ha parlato poi di rischi che potrebbero crearsi nell’applicazione di questa legge “pensiamo alle procure più piccole, nelle quali manca il personale specializzato su questi temi. Dover agire in tempi tanto brevi ha ricadute anche sulla specializzazione di chi deve farsi carico delle denunce di queste donne e ascoltarle. Non lo dico io, lo dice il Csm. Magari, aspettare qualche giorno in più potrebbe essere meglio. Pensiamo alle donne costrette a ripetere il racconto della violenza subìta senza aver avuto il tempo di elaborarla, e dunque rivittimizzate. Pensiamo ai minori che devono essere sentiti in modalità protetta. Insomma, questo provvedimento viene sbandierato come risolutivo, ma non lo è. I proclami non trovano rispondenza nelle soluzioni proposte”.

Sul reato dello sfregio in volto “Non sono mai stata d’accordo – dice la Annibali – e inoltre non penso che una persona deformata in volto perda l’identità. Non è giusto, non è così. L’identità è fatta anche dal percorso che si compie per ricostruirla. E poi, sul piano della tecnica normativa, sembra si dica che alcuni tipi di lesioni sono più importanti di altri che magari hanno una eco mediatica inferiore e dunque vengono considerati meno rilevanti. Io non avrei introdotto un altro reato, piuttosto avrei agito sulle aggravanti. E poi, ripeto, non sono d’accordo perché si crea una sorta di discriminazione. Più in generale, non condivido la rappresentazione che si continua a dare delle donne vittime di violenza. Come se fossero tutte deboli e invece sono forti e determinate. Ricordo una campagna di sensibilizzazione dei Cinque Stelle in cui una donna sfregiata si specchiava in uno specchio per metà rotto. Bisognerebbe farla finita con questa rappresentazione patetica, banalmente drammatica”.