Lodi, diritti a pagamento

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“A scuola nessuno è straniero”, ricorda uno degli slogan della campagna per la cittadinanza “L’Italia sono anch’io”. Ma forse, per qualcuno, non è così. O non deve. Almeno nelle mense scolastiche. O sugli scuolabus.
Se infatti in un’aula, per legge, i docenti trattano ogni studente nello stesso modo, – cercando di dare a tutti stesse opportunità, senza fare differenze di sesso, razza, censo, eccetera – come è scritto chiaramente sulla nostra Costituzione – a qualcuno, oggi, questa cosa, non pare più giusta. Il caso di Lodi ne è testimonianza: oltre 200 bambini, tutti figli di stranieri, sono stati tagliati fuori dal servizio mensa e scuolabus. Si sono indignati in tanti. I bambini sono costretti a mangiare in stanze separate da quelle dei loro compagni italiani e a percorrere ogni mattina chilometri a piedi per raggiungere la scuola.

Che dire? E’ un atto di inciviltà e disumanità compiuto da adulti nei confronti di minori che si commenta da solo. E tutto per mano di un regolamento firmato dal sindaco leghista di Lodi, che costringe le famiglie straniere a presentare un documento del paese d’origine che attesta l’assenza di proprietà e di beni; foglio difficile da reperire, soprattutto in alcuni stati africani e sudamericani. Ma al di là dell’indignazione, la vera domanda da farsi è: come siamo potuti arrivare a questo punto? E proprio nell’anno in cui si ricordano i 70 anni delle leggi razziali che allontanarono dalle scuole italiane gli studenti ebrei? Come è possibile un tale imbarbarimento? Tutta colpa di Salvini al governo? Anche, certo. Ma non solo.

Occorre riflettere su quelle orribili e discriminanti politiche scolastiche che sono state portate avanti negli ultimi vent’anni in Italia per approdare alla nefasta Buona scuola, la riforma forse più odiata e iniqua che si sia stata mai scaraventata, – per di più, dal cosiddetto centro-sinistra, – sulla agonizzante scuola italiana. Riflettere su come e perché si è iniziato a parlare di una scuola pubblica diversa da quella descritta sulla nostra Costituzione: come servizio – magari a pagamento, – invece che come diritto gratuito per il minore. Si è iniziato a parlare di scuola azienda e genitori degli alunni clienti di quell’azienda.

Si è iniziato a parlare insensatamente di ideologia meritocratica a sei anni, per spingere più o meno consapevolmente verso una scuola pubblica sempre più classista e razzista, cioè sempre più vicina alla scuola privata: dove la differenza tra chi va a scuola e chi non ci va, la fa chi ha i soldi per pagarsela e chi no. Insomma, dopo aver sancito e accettato che i diritti, anche i più primitivi e basilari, quelli che riguardano la persona e i bambini, di fatto, sono a pagamento, a cosa serve, ora, indignarsi e basta? Troppo tardi. E’ ormai tempo di agire, se vogliamo salvare il salvabile. Fanno bene gli studenti italiani che chiedono la cancellazione della Buona Scuola.