La meraviglia

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Aspetto centrale nello svilupparsi del pensiero e con più precisione del pensiero filosofico è la meraviglia, lo stupore, Thaumazein, in greco, lo sgomento del divenire del tutto.

È ciò che accade quando non sostiamo più nella “comfort-zone”, quando ciò che poteva apparire noto si rivela qualcosa di nuovo.
Attraverso l’emozione si dischiude una porta che ci fa accedere ad un’apertura, ciò provoca spavento poiché ciò che pensavamo certo non ha più quelle sembianze, siamo al cospetto del continuo divenire delle cose, l’impermanenza, Anithia in sanscrito o Aniccia in lingua Pali (lingua cerimoniale Tibetana addirittura antecedente al sanscrito).
L’essere umano a quel punto non può rimanere nell’informe nel tumultuoso, perché le nostre porte della percezione non c’è lo permettono, infatti se non avessimo le porte della percezione saremmo l’infinito come recita W. Blacke nel “Matrimonio del cielo e dell’inferno”, e saremmo però schiacciati dall’infinito.

Alla base di qualsiasi esperienza c’è una tonalità emotiva che ci permette di aprirci, di esperire, ciò ci fa paura poiché contattiamo la sensazione di essere annientati, un po’ la stessa cosa che accade nell’attacco di panico, siamo al cospetto del Dio Pan, del Dio Tutto, e questo essere al cospetto del Tutto ci fa vibrare dalla paura, poiché presagiamo la paura di scomparire, di dissolverci, infatti ciò che rimane è un retrogusto di paura di morte di dolore perché siamo fortemente attaccati al nostro io.
Infatti Thaumazein deriva da Thâuma e richiama il gigante Taumante, che appartiene alla sfera demoniaca o divina dei demoni Ctoni, cioè della terra, tenebrosi perché incutono terrore, la filosofia nasce dal riuscire a permanere nell’emozione, nella paura, nello stupore.

Un atteggiamento filosofico è riuscire a permanere in ciò che c’è, atteggiamento che è proprio anche della meditazione. Se riesco a permanere nell’emozione, riesco a far decantare la cortina fumogena che distorce la realtà ed osservare ciò che accade; invece se non ce la faccio, nel caso della paura, ma anche di qualsiasi altra emozione, reagisco e metto in atto atteggiamenti meccanici che fin dall’origine mi hanno protetto. Se sono preda della paura tenterò la fuga, oppure mi “congelerò” tecnica di difesa degli animali che si mimetizzano o si fingono morti, oppure attacco.
La reazione in molti casi della vita ci ha permesso di preservarci, ma mai ci ha fatto vedere la natura reale della realtà.
Se la gazzella in preda alla paura e in fuga dal leone si fermasse a chiedersi rispettivamente la natura reale della realtà diverrebbe subito il pasto del leone.

Noi esseri umani non viviamo quotidianamente pericoli simili a quelli della gazzella, nonostante ciò ci capita di mettere in atto dei meccanismi difensivi che sono arcaici di attacco-fuga o congelamento, anche se avremmo la possibilità di permanere ed osservare ciò che accade: la filosofia, la meditazione accadono nel susseguirsi di ogni respiro, nella vita di tutti i giorni, solo che noi siamo troppo presi da meccanismi di adattamento arcaici che apparentemente ci difendono e non ci fanno assaporare in modo minuzioso ciò che accade.

Il primo passo per iniziare a dare ascolto al Thaumazein è nello scorrere del giorno fermarsi in alcuni attimi e chiedersi: “Chi sono?” “Dove sono?” “Che emozione sto provando?”.
Se osserviamo bene, i bambini si meravigliano per ogni cosa che accade… Perché sono senza difesa, i loro genitori, o chi li accudisce sono la loro difesa.

Il bambino riesce a permanere in ciò che c’è, ovviamente se è appagato, ciò accade perché per lui tutto è nuovo e non deve difendere la sua incolumità, il suo io, i suoi attaccamenti sono pochi e molto essenziali e legati alla sopravvivenza.

La meraviglia in questi giorni è l’adeguato farmaco per annientare le politiche di guerra che vediamo manifestarsi in diversi canali media. Abbiamo la possibilità di abboccare all’amo della paura, o fermarci ad osservare ciò che accade. Essere posseduti dalla paura implica dei meccanismi di difesa che ci rendono la vita “Sicura” e “Meccanica”.
Nel momento in cui “mi dono” a ciò che accade sono in balia dell’imprevedibile e questa è la via per esperire la totalità, fare esperienza del tutto, assieme e non contro al Dio Pan.