C’è un paradosso che attraversa il cuore di Reggio Emilia: il centro storico, anziché salire di valore come in tutte le città che hanno conosciuto processi di rigenerazione urbana, ha imboccato la strada opposta. Non gentrification, ma la sua caricatura: la fuga dei ceti medi e benestanti, il progressivo svuotamento degli appartamenti, la saracinesca che cala sui negozi storici, l’eco che rimbomba nelle piazze minori.
Mentre nelle città europee la riqualificazione dei centri urbani ha portato a un ritorno di investimenti, qui la traiettoria è stata rovesciata. I quartieri della collina e della prima periferia si sono trasformati nella nuova “città alta” dei professionisti e delle famiglie con reddito stabile. Il centro, al contrario, è diventato il luogo del transito, dell’emergenza, dell’abitare precario.
Non è solo dinamica spontanea. È il risultato di politiche che hanno progressivamente dequalificato il centro. Per anni si è chiuso un occhio sull’uso disordinato degli spazi, si è lasciata crescere un’immigrazione concentrata e poco governata, senza strumenti di integrazione reale e senza un disegno urbano capace di tenere insieme funzioni, servizi, sicurezza. Il cuore della città ha bisogno di comunità, di convivenza civile, di un tessuto sociale che lo sostenga. Invece è stato caricato di problemi, abbandonato alle tensioni.
Non stupisce, allora, che chi poteva scegliere abbia scelto altrove: più verde, più silenzio, meno incertezze. La conseguenza è davanti agli occhi: vie nobili ridotte a corridoi di passaggio, piazze animate solo nelle rarissime notti del divertimento, spazi culturali che arrancano. Un centro che perde la sua funzione identitaria e simbolica: non più vetrina della città, ma retrobottega.
La sfida, oggi, non è “rigenerare” in astratto, ma invertire la rotta di questa gentrification al contrario. Riportare residenza stabile, attività qualificata, presenze culturali e sociali che ridiano senso al vivere urbano. Non sarà una stagione di cantieri a restituire vita al centro, se non si affronta il nodo vero: la qualità della convivenza.







Malamministrazione (maladministration) è parola nata qualche anno fa e ormai entrata nel nostro vocabolario; descrive bene la prima causa della crisi del centro storico. Alla malamministrazione si può ricondurre la deriva del centro, deriva antica ma mai contrastata perché il centro non interessa, e non interessa perché da sempre il centro non vota questi amministratori.
Già, però al Comune interessa incassare l’ IMU dai proprietari dei negozi del centro sfitti anche da alcuni anni! …e non è una entrata di poco conto!
L’incasso dell’IMU da parte dei proprietari dei negozi sfitti, eccome interessa!
Per forza si spopola il centro, ormai ci sono solo liberi delinquenti che mettono paura ai normali cittadini che ci sono nati e ci vivono da sempre. O si fa piazza pulita o Reggio diventerà una città fantasma.
Per forza si spopola il centro, ormai ci sono solo liberi delinquenti che mettono paura ai normali cittadini che ci sono nati e ci vivono da sempre.
Giusto! Ed è vergognoso l’atteggiamento ” da padroni” e non da amministratori della Giunta comunale. Niente dialogo con i coinvolti nella vicenda, ma semplici imposizioni calate dall’alto. Già l’anno scorso c’era stata una novità odiosa : l’eliminazione dei furgoncini distributori di cibo caldo, cotto lì per lì, che avevano sempre permesso di mangiare fuori, fra i banchi della Giareda; ammessi solo quelli distributori di roba dolce, che certo non puo’ fornire un pasto, ma solo pure golosità. Perché? È evidente la volontà di far piacere agli incaricati della pulizia post Giareda, che non si sarebbero trovati possibili residui unti per strada e avrebbero avuto lavoro più facile. E i cittadini? Che si arrangino, proprio come gli ambulanti spostati arbitrariamente e senza dialogo preventivo. È l’arroganza del potere, che a ” loro” sembra fatto del tutto ovvio e un diritto. Sono così. La prevaricazione nel dna.
Sta bon Simon, parla come mangi. Cordialmente…
Perfettamente d’accordo con analisi del direttore. L’evidenza di un quadrilatero in caduta libera, degradato e privo di attrattive è oramai sotto gli occhi di tutti. Ma mi chiedo,cosa ci si viene a fare in centro storico? Forse nel cercare di non essere travolti da biciclette elettriche che sfrecciano ovunque a velocità folle, oppure per evitare di inciampare in monopattini parcheggiato sui marciapiedi. Sicuramente ci si può venire per farsi prendere dall’ angoscia nel vedere una strage di negozi e una valanga di saracinesche abbassate.
effettivamente la sua è un’idea da non disprezzare…se in alcune localita’ esiste il turismo macabro, a Peggio Emilia potremmo dare vita al “Turismo Squallido”….
Posso concordare sul messaggio di fondo, ma qui il concetto di gentrification è usato proprio a sproposito e fuori contesto. Bisognerebbe conoscerle le dinamiche di certe capitali, per poterne parlare senza fare strafalcioni. Cordialemente.
Articolo assolutamente condivisibile, come tanti altri, ma ripetitivo. Il direttore sta diventando un po’ una lagna e gli editoriali stantii nei contenuti. Reggio va a ramengo, ce lo ricorda nella stessa salsa ogni settimana.