A dire il vero, il Vangelo usa un’altra parola, kecharitoméne, che traduciamo “piena di grazia” e, alla lettera, significa, “Tu che hai ricevuto grazia, charis”.
L’immagine della “senza macchia” non ci affascina, perché suggerisce un’assenza, il sottrarsi alla responsabilità di vivere la propria storia, la paura di sporcarsi nel contatto con la miseria e il peccato dell’uomo.
In realtà, Maria è nel cuore della storia. La grazia, cioè l’amore gratuito di Dio, l’ha messa accanto al suo Figlio e, di conseguenza, accanto a ogni uomo, a ogni croce dell’uomo.
C’è però una condizione, per essere presenti nella storia, nostra e del mondo, e Maria ce la indica: il silenzio. Soltanto chi sa fare silenzio vive nel cuore del mondo. Le troppe parole sono una fuga. Nel silenzio si crea lo spazio per accogliere la parola di Dio, ma anche l’uomo, le sue lacrime, le sue miserie, i suoi umili desideri.
“Immacolata” vuol dire, allora, che non c’è nessun ostacolo per chi ricorre a lei:
“La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate (molte volte)
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque (tutto quello che) in creatura è di bontate”,
dice di lei Dante (Paradiso, Canto XXXIII).
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