I mercenari della solidarietà

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Il Mediterraneo è lontano da noi, ma le regole base a cui ispirarsi per inventarsi un quasi-mestiere sulla pelle di chi sta peggio non conoscono confini.

I nuovi professionisti della solidarietà offerta per strada quasi fosse in sconto o un affare da non perdere potrebbero essere indifferentemente anche degli animatori turistici in un villaggio dell’altro capo del mondo, con quel sorriso sfrontato e una simpatia ostentata che mette invece i brividi. Volantini, striscioni, banchetti: tutto serve per attirare l’attenzione e far scattare la trappola

Nei giorni di mercato, in pieno centro città, questi mercenari della solidarietà si contendono gli spazi di maggiore visibilità con le bancarelle del tre-per-due o i promotori di questa o quella professione di fede. E sono, questi, tempi anche più duri per questi spregiudicati cacciatori di offerte perchè la raccolta delle firme per le prossime elezioni europee e i banchetti di propaganda politica di partiti e movimenti in lizza riducono ancora di più lo spazio di azione.

Ma loro proseguono imperterriti. Sono giovani e si danno un gran daffare, per loro è un lavoro come un altro. A giorni alterni vestono maglie di diverse di associazioni mediche e umanitarie, recitano slogan diversi, ma sono sempre loro, animati da una professionale indifferenza con l’aggravante della solidarietà. Ti avvicinano e ti braccano una volta con i progetti per arginare le malattie rare, quella dopo con la necessità garantire il diritto all’infanzia ad ogni longitudine. Temi forti, giusti, ma stravolti da un marketing che toglie l’anima alla generosità, all’offerta.

Si presentano, di volta in volta, come membri di questa o quella associazione, ma sono solo dei moderni professionisti del marketing degli affetti pronti a tutto pur di portare a casa il risultato. Già perchè chiedono soldi sicuri, non un’offerta come tante affidata al buon cuore del passante di turno.

Il loro mansionario prevede che il loro interlocutore non possa essere un minorenne – e questo, in parte, si capisce – ma non può nemmeno essere uno studente. Nemmeno un adulto in attesa di occupazione va bene, figurarsi uno straniero. No, avvicinano solo adulti di entrambi i sessi, ma in età lavorativa.

Non una missione facile, comunque. Perchè in una manciata di secondi e approfittando dello stordimento di chi viene pizzicato mentre passeggia o corre da un impegno all’altro, oltre a spiegare che è proprio necessario fare quell’ offerta, il piano di attacco prevede addirittura che sia fornito l’Iban del malcapitato, cioè le coordinate bancarie del proprio conto corrente, per far sì che il gesto di solidarietà sia reso strutturale con un prelievo bancario mensile. Già. niente più donazione liberale volontaria dettata dal cuore magari mosso davvero a commozione per quel un progetto di solidarietà in linea generale condivisibile. No, la solidarietà che si fa professione è una offerta resa obbligatoria da un vincolo contrattuale vero e proprio,

Un copione studiato a tavolino, e messo in pratica con consumato esercizio sul campo, che cancella l’immagine romantica del volontario puro, che ritaglia parte del suo tempo libero per dedicarsi agli altri anche andando a raccogliere offerte porta a porta. I nuovi professionisti della solidarietà non hanno tempo da perdere, ma devono far tornare i conti garantendo un flusso costante e certo di aiuti. I primi a trarne vantaggio sono loro: pagati a giornata, con una percentuale fissa sulle offerte raccolte.