All’alba di lunedì 19 maggio, i finanzieri del comando provinciale della Guardia di finanza di Parma hanno arrestato due persone di origine calabrese, residenti in provincia di Parma e di Verona, finiti entrambi agli arresti domiciliari su disposizione del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Parma.
Gli indagati – in totale sei persone – sulla base degli elementi fin qui raccolti sono indiziati, a vario titolo, dei reati di emissione e utilizzo di fatture false, riciclaggio e autoriciclaggio, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e bancarotta fraudolenta.
Con lo stesso provvedimento, il gip ha anche disposto il sequestro di cinque società, di un immobile del valore di 430.000 euro e di somme di denaro per un totale di circa un milione e mezzo di euro, ritenute l’ammontare del profitto realizzato grazie ai presunti reati contestati.
Le indagini, che hanno preso spunto dal fallimento di una delle società coinvolte e che sono state condotte dagli investigatori del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Parma con intercettazioni telefoniche, analisi di segnalazioni per operazioni sospette e un’accurata ricostruzione dei flussi finanziari, hanno consentito di svelare un articolato meccanismo di frode fiscale che sarebbe stato realizzato nel settore dei lavori edili, con il coinvolgimento di diverse imprese nelle province di Parma e di Verona.
Le società sequestrate, riconducibili ai principali indagati, sono risultate prive di una reale consistenza economica, tanto da far ipotizzare agli inquirenti che siano qualificabili come mere “società cartiere”. A partire dal 2019, queste società si sarebbero avvicendate tra loro generando un volume di false fatturazioni per oltre 8 milioni di euro.
Gli approfondimenti investigativi hanno consentito di ricostruire l’articolato meccanismo: una società capofila, l’unica effettivamente operativa, veniva utilizzata per aggiudicarsi importanti commesse presso cantieri edili situati per lo più in Germania, fatturando poi prestazioni di manodopera che sarebbero state di fatto realizzate da personale assunto da una delle “società cartiere”. Una parte delle somme così ottenute, al netto del pagamento degli stipendi degli operai, sono risultate essere state trasferite sui conti degli indagati per poi essere utilizzate per scopi personali – come l’acquisto di un immobile in provincia di Parma, del valore di 430.000 euro, intestato al figlio di uno degli indagati, e ora sottoposto a sequestro.
Nel corso delle indagini è inoltre emerso come le altre “società cartiere”, tutte contraddistinte dalle stesse anomalie (l’assenza di una sede legale e di un luogo di esercizio dell’attività, l’assenza di beni strumentali necessari per l’attività di impresa, le ingenti pendenze tributarie), sarebbero state utilizzate per realizzare numerose operazioni contabili fittizie, con l’unico scopo di abbattere il reddito imponibile di tutta la rete societaria coinvolta.







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Custodisco, eredità di mio padre, la collezione quasi completa de "Il quaderno dell'attivista" pubblicazione del Partito Comunista Italiano degli anni quaranta e cinquanta dedicata ai
Attivista = semper mej che lavorer….
Giano bifronte... ipocrisia al top!