Mercoledì 7 maggio la polizia di Stato e la Guardia di finanza hanno fatto scattare una maxi-operazione in dieci città italiane tra Emilia-Romagna (Bologna, Ferrara, Reggio, Modena, Forlì, Ravenna e Rimini), Campania (Napoli e Caserta) e Lombardia (Mantova) che ha portato a 40 perquisizioni e a 29 misure cautelari.
I principali indagati sono stati arrestati o sono finiti agli arresti domiciliari, mentre altri sono risultati destinatari di obblighi di presentazione giornaliera alla polizia giudiziaria e di divieti temporanei di esercitare attività imprenditoriali.
A finire nei guai sono stati soggetti di origine campana e numerosi imprenditori del territorio emiliano-romagnolo, considerati appartenenti a un’associazione per delinquere attiva nel settore dell’edilizia: sono accusati a vario titolo di emissione di fatture false per operazioni inesistenti (per un importo complessivo di 24 milioni di euro), riciclaggio e autoriciclaggio di denaro. Contestualmente è stato anche eseguito un sequestro preventivo per un controvalore di circa 3 milioni di euro.
La complessa indagine è partita dalla segnalazione alla polizia postale – da parte di Poste Italiane – di movimentazioni di denaro sospette: migliaia e migliaia di euro in entrata e in uscita, in archi temporali ristretti, su un conto corrente aperto di recente presso una filiale del Bolognese.
Gli accertamenti sugli intestatari, attraverso articolate indagini finanziarie, intercettazioni ambientali e pedinamenti, hanno permesso agli inquirenti di individuare un gruppo di persone, composto da imprenditori reali e fittizi nel campo edile, e di ricostruire rapporti e dinamiche considerate tipiche di un’associazione per delinquere.
Secondo le accuse l’organizzazione, focalizzata sull’illecito sfruttamento della normativa del Superbonus 110%, aveva come core business il riciclaggio e l’autoriciclaggio di denaro, con un meccanismo che veniva innescato dal pagamento di false fatture emesse da imprese fittizie (perlopiù campane) nei confronti di aziende invece realmente esistenti in Emilia-Romagna. Queste ultime procedevano al pagamento delle fatture tramite bonifico, recuperando poi la somma con i soldi messi a disposizione da ambienti criminali campani – decurtata di una percentuale dovuta per il “servizio” prestato da questi ultimi. In questo modo gli imprenditori emiliano-romagnoli, abbattendo artificialmente i ricavi effettivi dell’azienda, potevano pagare meno tasse allo Stato, oltre a creare “provviste occulte” da reimmettere poi nel circuito economico locale.
L’indagine è stata condotta dal Centro operativo per la sicurezza cibernetica dell’Emilia-Romagna, coordinato dal Servizio polizia postale e per la sicurezza cibernetica, e dal nucleo operativo metropolitano della Guardia di finanza di Bologna, sotto la direzione del pubblico ministero Flavio Lazzarini della Procura di Bologna. Nell’operazione sono state impegnate oltre 100 unità tra polizia di Stato e Guardia di finanza.







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