Si chiama “Donne che raccontano storie” il progetto ideato da Daniela Rossi, che dalla sua lunga esperienza di militanza con la scrittura e nella lotta per i diritti delle donne ha distillato un programma articolato sul valore del raccontarsi che ha previsto fasi laboratoriali (con la scrittrice Francesca Avanzini) e presentazioni di libri, appuntamenti performativi e di incontro con firme della letteratura.
Iniziato prima dell’irrompere sulla scena della pandemia e continuato nonostante tutto anche durante le fasi del distanziamento sociale più rigoroso, con la pubblicazione di parte dei risultati del primo laboratorio di scrittura, il percorso – nato dalla collaborazione tra le associazioni Fragili Guerriere, Pantarei e Ilde – entra adesso nel vivo di un’altra sua parte, il premio di scrittura nazionale.
Aperto a quante volessero partecipare, e sostenuto dall’assessorato alle pari opportunità del Comune di Parma con la collaborazione di alcuni punti nevralgici dello “scrivere donna” in Italia (la Libreria delle donne Tuba a Roma, la Società italiana delle letterate, Vita Activa Nuova di Trieste), il bando ha richiesto testi inediti brevi e che avessero come cifra connotante – pur nella libertà di contenuti e di stile – l’essere un racconto autobiografico.
Hanno partecipato oltre cento scrittrici, alcune delle quali praticano con la scrittura da tempo, altre invece per le quali l’occasione è stata propizia per condividere l’urgenza personale dello scrivere, magari finora tenuta per sé. Vite vissute e frammenti di riflessioni che partendo dal personale sembrano parlare un po’ delle vicissitudini di ognuno.
Il grande lavoro di lettura e selezione dei testi è stato affidato a una giuria d’eccezione composta da scrittrici, critiche e studiose: Maria Teresa Carbone, Fabrizia Dalcò, Viola Lo Moro, Loredana Magazzeni, Laura Minguzzi e Gabriella Musetti. I risultati saranno noti entro la fine di ottobre.
“Non sarà solo la soddisfazione di quante saranno premiate – hanno spiegato le organizzatrici – ma anche un successo più ampio, e che non coinvolge solo quante hanno partecipato: quello di ripeterci, di nuovo, che la parola e il pensiero che si fa parola sono strumenti di libertà, di possibile confronto; chissà, perfino di soluzione di conflitti che non vogliamo ci vedano arresi”.
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