Soncini: “L’Emilia-Romagna è già stata liberata”

Ottavia Soncini Pd

Domenica 26 gennaio in Emilia-Romagna si vota per eleggere il presidente della Regione e i componenti della nuova assemblea legislativa: abbiamo intervistato Ottavia Soncini, consigliera regionale uscente (e ricandidata) del Partito Democratico e vicepresidente del parlamentino regionale nell’ultima legislatura. 

 

L’Emilia-Romagna è un territorio che, considerato da sempre una regione “rossa”, dopo essere stato per decenni saldamente in mano a maggioranze di sinistra (e più di recente di centrosinistra) è improvvisamente diventato contendibile. Come si è arrivati a questo?

Ci sono ragioni interne ed esterne. Da una parte la composizione sociale, economica e culturale della regione è profondamente mutata negli ultimi decenni e la politica per sua natura fatica a essere reattiva alle trasformazioni, dall’altra i progressisti e i riformisti faticano in molti Paesi europei.

 

La scelta di confermare il presidente uscente Stefano Bonaccini come candidato del Partito Democratico e della coalizione di centrosinistra, arrivata senza passare dallo strumento delle primarie e senza ricercare eventualmente un profilo civico (come avvenuto ad esempio in altre regioni), secondo lei è stata quella giusta?

Direi di sì, la coalizione di centro-sinistra è cresciuta parecchio grazie in particolar modo al lavoro incessante di Bonaccini.

 

A sostegno del presidente uscente sulla scheda elettorale il cittadino emiliano-romagnolo troverà sei liste: Partito Democratico, lista Bonaccini Presidente, Emilia-Romagna Coraggiosa, +Europa, Europa Verde e Volt. Non ci sarà invece il simbolo di Italia Viva, il nuovo partito di Matteo Renzi, a cui peraltro lei è stata politicamente molto vicina prima della scissione: si sarebbe aspettata magari un appoggio elettorale più concreto e visibile da parte dei renziani?

No, ho scelto di rimanere nel Partito Democratico perché mi riconosco nel suo bagaglio valoriale. Legittimamente altri hanno fatto altre scelte, sanno chi sono e le cose in cui credo, se decideranno di aiutarmi li ringrazierò.

 

Secondo tutti i sondaggi, la sfidante più accreditata al ruolo di anti-Bonaccini è Lucia Borgonzoni, la candidata leghista della coalizione di centrodestra. Se vincesse sarebbe la prima donna alla guida della Regione, dopo una campagna elettorale tutta giocata sullo slogan “Liberiamo l’Emilia-Romagna”.

L’Emilia-Romagna è già stata liberata.

 

I Cinque Stelle, dopo aver tergiversato a lungo e aver addirittura preso in considerazione l’ipotesi di non presentarsi alle urne, hanno infine deciso di correre da soli con un proprio candidato presidente. In questo appuntamento elettorale senza ballottaggio, in cui chi prende anche un solo voto in più vince, questa mossa rischia di indebolire più Bonaccini o Borgonzoni?

Penso entrambi in egual misura.

 

Considerata l’attuale alleanza di governo Pd-M5S a Roma, si sarebbe potuta trovare un’intesa simile anche a livello regionale?

Direi a maggior ragione, per le tante convergenze sui contenuti e sui programmi.

 

Dopo una legislatura da consigliera regionale e vicepresidente dell’assemblea legislativa, si ricandida proponendo l’idea di una “democrazia gentile”: di cosa si tratta esattamente?

Di un modo pacato e sereno di affrontare la politica. Avverto la necessità di vivere la politica come mezzo per costruire il bene comune, per unire le persone e non per schiacciare l’avversario e il diverso. La democrazia si genera e si rigenera attraverso il confronto attivo.

Tra gli otto impegni che intende prendere con gli elettori emiliano-romagnoli c’è anche quello per una nuova legge regionale per sostenere le famiglie: cosa prevede e perché è così urgente?

Serve una nuova legge quadro sulle famiglie e un “fattore famiglia” per tariffe più eque in tutti i servizi e un sostegno alle famiglie numerose. Quello che noi siamo dipende dalla nostra famiglia. La nostra Regione sta invecchiando, dobbiamo sostenere le famiglie che accettano con generosità e coraggio la sfida di fare figli.

Chi fa un figlio rende un servizio a tutta la nostra società, riconosciamone il valore. Chi fa un figlio deve avere la certezza che verrà sostenuto dalla comunità, che è un bene di tutti. Puntiamo sul welfare famigliare per sostenere le famiglie e le loro difficoltà.